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lunedì 24 dicembre 2007

Cari lettori, tanti auguri!!!


Siamo oramai in prossimità del Santo Natale.
Non mi va di intrattenervi con poesie o racconti,
in fondo sono una persona di poche parole.



Vi auguro serenità e felicità in questi splendidi giorni, penso che in fondo siano queste le sole cose che contano, al di là dei cenoni, dei regali e dei viaggi
(che comunque non fanno mai male!).



Un anno nuovo è alle porte: il 2008 sarà il mio ultimo anno da universitario (salvo imprevisti).
Malgrado sia "solo" alla metà degli esami della laurea specialistica, incomincio a sentire un po’ di nostalgia:
sarà l’atmosfera delle feste…
Così come mi auguro di riuscire bene nella mia “attività”, auguro a tutti voi di esaudire i vostri sogni,
di raggiungere i vostri obiettivi, mi auguro soprattutto
che il 2008 ci porti più notizie buone e meno tragedie.
Poco probabile, ma sperare non costa nulla.
Per quanto riguarda il mio blog, mi prenderò un po’
di riposo, mi devo “disintossicare” dal PC e dal web…
anche perché a gennaio, dopo un’eterna attesa,
nel mio comune arriva l’ADSL, e devo essere pronto…
ci siamo capiti!

Sinceri auguri.

A presto.


Marco.

venerdì 21 dicembre 2007

Recensione: Il Labirinto del Fauno



Titolo originale: El Laberinto
del Fauno


Genere: fantasy
(ma non troppo)


Regista: Guillermo del Toro


Spagna 2006




La piccola Ofelia si trasferisce con la mamma nel villaggio dove abita
il patrigno, un feroce comandante dell’esercito franchista.
La bambina riuscirà a evadere dalla cruda realtà vivendo una straordinaria avventura al fianco di una bizzarra creatura, il Fauno.











Emozionante.


Questo è un film che parla al cuore.


Mi sembra il film giusto da recensire a pochi giorni dal Natale.
Non me ne vogliano le recensioni di meravigliosi film quali Suspiria, Quei bravi ragazzi, A bittersweet life che da un po’ di tempo attendono di essere pubblicate (mi scuso con voi lettori), ma mi sembra
la recensione più adatta visto il periodo.
Probabilmente l’ultima di quest’anno.


Questo film ha vinto tre Oscar.
Miglior fotografia
. Miglior scenografia. Miglior trucco.
Pochi, per il suo valore. E’ solo una battuta, però serve bene ad esprimere l’incontenibile entusiasmo dopo avere visto un film del genere.


Il Labirinto del Fauno è una fiaba (nera).
Potete notare che in questo blog non ho mai recensito film del genere: non mi attirano granché, a dire tutta la verità.
Mi sono comunque avvicinato al film con ottimismo e senza stupidi pregiudizi, un po’ perché le recensioni positive della critica
e del pubblico elogiavano il lavoro di Del Toro, un po’ perché ogni tanto
mi piace fare qualche escursione in generi che conosco poco.


Dalle prime righe avrete capito che il film mi è piaciuto tantissimo.
Vediamo perché.


Parliamo un attimino prima della trama.


Ofelia, una bambina dalla fervida immaginazione,
è rimasta orfana.
La mamma è incinta: aspetta un figlio
dal capitano Vidal, comandante di una guarnigione dell’esercito franchista. Siamo nella Spagna
della feroce dittatura di Franco.
Madre e figlia si mettono in viaggio per raggiungere
il nuovo capofamiglia.
La bambina è palesemente triste, molto probabilmente per la morte
del vecchio padre, e non la aiuta certo il carattere duro del patrigno.


Vicino alla sua nuova casa c’è un labirinto, dove all’interno trova una strana creatura,
il Fauno, che dice a Ofelia di averla aspettata
per tanto tempo.
La leggenda della principessa narrata
dalla voce fuori campo all’inizio del film
prende così vita.
Ofelia è forse la reincarnazione della principessa, e dovrà superare
tre prove per tornare nel suo regno.


Nel frattempo la situazione precipita:
il villaggio è assediato dai ribelli,
la mamma non sta per niente bene
e la gravidanza è a rischio.
Solo l'avventura immaginaria può "salvare"
la piccola bambina dal dolore e dalla sofferenza.


Protagonisti indiscussi del film sono due personaggi: la piccola Ofelia
e il capitano Vidal.


Commovente l’interpretazione della giovane
Ivana Baquero: il suo sguardo triste apre una breccia
nel cuore dello spettatore, riesce ad emozionare.
La triste bambina tenta di sopravvivere al dolore quotidiano grazie alla forza dell’immaginazione,
che le permette di evadere dal grigio mondo degli adulti.
Un mondo crudele.
Un mondo rappresentato efficacemente dal capitano Vidal.
L’attore, Sergi Lopez, è in palese stato di grazia.
Si è impossessato letteralmente del personaggio,
non c’è alcun dubbio.
Non vi nascondo che tra i personaggi negativi visti
in tutti i film qui recensiti è sicuramente uno dei “cattivi” più terribili.
Le atrocità commesse da quest’uomo non sono poi così lontane da quelle raccontatemi da mia nonna, che ha “vissuto” la seconda guerra mondiale.


Poi ci sono le creature immaginarie, due su tutte: il Fauno
e l’orco mangiabambini.
La parte immaginaria del film dimostra il talento cristallino di Del Toro.
L’orco cattivo è una creatura orribile, con la pelle raggrinzita e gli occhi posizionati sui palmi delle mani (idea della moglie di Del Toro).
Il Fauno è una creatura senza alcun dubbio un po’ più rassicurante…





Il Labirinto del Fauno corre
su due binari: l’avventura immaginaria (forse, perché realtà e sogno si confondono) di Ofelia si alterna con le vicende del villaggio e dei suo abitanti.
Due film in uno: una parte fantasy
ed una sulla guerra.
In alcuni momenti ci si dimentica persino dell’avventura di Ofelia.
Chi si aspetta 90 minuti di streghe, fate, orchi si sbaglia
(lo ammetto, anch’io mi ero sbagliato).


L’immaginazione di Ofelia è l’unica via d’uscita a un mondo troppo crudele.
E’ una bambina che agli occhi degli adulti che le stanno vicino (mamma, patrigno, domestica) appare sciocca, ingenua, immatura. Agli occhi dello spettatore appare invece come l’immagine
della purezza, un angelo precipitato
in un inferno chiamato guerra.


Meglio il suo mondo immaginario o la realtà?
Gli uomini fanno veramente paura, altro che i gli orchi...


Nessuno in questo film è felice.
Di Ofelia ho già detto.
Non è felice la mamma, che soffre per la gravidanza ma soprattutto
perché si è resa conto che il nuovo marito non la ama più di tanto
e non è l’uomo che pensava.
Non è felice la domestica Mercedes, che fa il doppio gioco:
in realtà è un’informatrice dei partigiani, e sta in pena per il suo fidanzato, che è a capo della resistenza che tiene sotto scacco il villaggio.
Non è felice il dottore, anche lui “doppiogiochista”
(attenzione, questo termine NON lo uso in termine spregiativo!).
Avrà modo di compiere un gesto di pietà immensa, ma gli costerà la vita.
Probabilmente non sono felici i partigiani, così come non li sono
i soldati di Franco.
Non mi esprimo sul personaggio del colonnello Vidal,
perché lui ha davvero poco di umano, accostare sentimenti quali felicità
o tristezza a lui non ha senso.


La visione de Il Labirinto del Fauno mette tristezza. Non mi vergogno a dirlo, questo film mi ha inumidito gli occhi.
Ciò significa che mi ha toccato veramente.
Anche merito del finale.
Meravigliosamente malinconico.
Secondo me Del Toro ha fatto la scelta giusta,
evitando inutili smancerie e sentimentalismi gratuiti.
Gli ultimi minuti sono un colpo al cuore, e non possono assolutamente lasciare indifferente alcun spettatore.


La fine lascia un segno, e fa pensare:
forse è davvero impossibile un mondo
senza violenza, odio, dolore, morte.
Forse l’unica possibile felicità si può avere in un mondo immaginario, di pura fantasia; forse la vera felicità è nell’immaginazione di un bambino, una felicità che pian piano si perde dopo il passaggio all’età adulta.


La crescita equivale alla perdita dell’innocenza. Forse.


Obiettivamente non riesco a trovare nessun difetto, e non vedo perché dovrei dare un otto o un nove ad un film che è riuscito ad emozionarmi come non mi capitava da tempo: sì, merita il massimo di voti.


Forse avrebbe meritato una recensione migliore, non so,
spero di essere riuscito a trasmettere con le parole l’emozione
che ho provato nel vedere questo film.


Ve lo consiglio calorosamente.



PS: Il Labirinto del Fauno è la seconda parte di una ideale trilogia
di film ambientati durante la guerra civile e il dopoguerra spagnolo.
Il primo film della trilogia è La Spina del Diavolo (sempre diretto
da Guillermo del Toro), ambientato in un orfanotrofio infestato
da un fantasma negli ultimi giorni della guerra civile.
Il terzo capitolo, in uscita nel 2009? (il forse è d’obbligo),
si chiamerà 3993.



Voto Finale: 10 e lode (+ tre Oscar meritatissimi in saccoccia)



Scheda dell'IMDb

lunedì 17 dicembre 2007

Due chiacchiere su Dragon Ball



Venerdì scorso su Italia 1 è stata trasmessa l’ultima puntata
di Dragon Ball GT… chissenefrega, penserete.
Questo è un blog di cinema, o perlomeno che prova a esserlo…
comunque qualcosa in comune tra il manga e il cinema c’è,
perché è oramai risaputo che ad agosto (18, data USA) uscirà il film
sulle avventure di Goku e compagnia bella.





Ed io, da grande appassionato della saga, sono già impaziente.
Anche se… bah, qualche perplessità c’è.


Parliamo del regista?
Trattasi di James Wong, che sinora ha diretto Final Destination 1, 3
e The One. Un po’ poco, non vi pare?
Però bisogna dire una cosa a favore di Wong: anche Zack Snyder
era quasi un esordiente quando presentò al cinema 300
(il suo primo film era il buon remake de L’alba dei morti viventi),
e pure in quell’occasione avevo qualche perplessità.
Sul risultato del lavoro di Snyder potete leggervi la mia recensione,
anzi se non avete voglia di leggerla vi dico in poche parole cosa ne penso:
un gran bel film.
E’ bella soprattutto la storia raccontata, un manipolo di uomini
che sacrifica le proprie vite per un bene maggiore.
Sull’estetica del film c’è poco da aggiungere. Anche chi ha criticato aspramente 300 non ha potuto fare a meno che “rifarsi gli occhi”
di fronte al lavoro di Snyder.
Il fatto è che il bellissimo fumetto di Miller è un’opera di poche pagine, mentre sappiamo benissimo che la saga di Dragon Ball è decisamente
più vasta, con un’infinità di personaggi.


Sugli attori non mi esprimo: il protagonista Goku sarà interpretato da Justin Chatwin,
il figlio di Tom Cruise ne “La guerra
dei mondi
” di Spielberg, il rivale Piccolo
da James Marsters, protagonista della serie tv Buffy - L'ammazza vampiri.
Non li conosco molto, a dire la verità, poi in fondo la loro scelta e le loro capacità si possono valutare esclusivamente dopo l’uscita del film.


Da quel poco che è trapelato la storia parlerà degli inizi, quindi se non ricordo male
della prima parte della serie, Dragon Ball.
Molti appassionati hanno provato
un brivido lungo la schiena quando
hanno saputo che il mitico Vegeta
non farà parte del cast.
Immagino che, se il film avrà un buon successo, ci sarà posto anche per lui in eventuali sequels (parlo al plurale tanto ormai dalle trilogie non si scappa… anche se non basterebbero 20 film per narrare tutta la storia…).







Tornando al cartoon: quanti bei ricordi… erano i tempi delle superiori.
Sono stato contagiato dai miei compagni,
sinceramente di sentir parlare di Dragon Ball
ero stufo. Poi però ho deciso di dargli un’occhiata…
per un Ken Shiro dipendente come me è stato
come entrare in un mondo nuovo,
non meno affascinante.
Impossibile non affezionarsi a Goku e ai sui suoi amici.

La qualità migliore dell’intera saga secondo me
stava nello stupire continuamente lo spettatore,
pur basandosi su storie tutto sommato ripetitive.
Perché se passiamo alla serie Z (frutto di un errore: doveva essere Dragon Ball 2 ma il 2 era stato scritto male e male interpretato)
non possiamo negare l’evidenza che le trame siano pressoché uguali:
c’è un nemico principale (tre in tutto: Freezer, Cell e Majin Bu),
qualche nemico “secondario” (tipo Radish, la squadra Ginew, i cyborgs,
Babidi & Darbula) e la nostra squadra di amici che combatte
per la salvezza della terra.








Ciò che differenzia queste tre mini-saghe è l’elevato numero
di colpi di scena: sto parlando soprattutto delle trasformazioni
dei protagonisti.
Impossibile annoiarsi, ogni puntata era una sorpresa. Imprevedibile.





Protagonista indiscusso è Goku, senza alcun dubbio.
E' un alieno, appartenete a una razza di valorosi guerrieri, i Sayan.
Giunge neonato sulla terra con lo scopo di conquistarla
una volta cresciuto, ma si affeziona ai terrestri e li proteggerà più volte
dai numerosi nemici.
E' l'esempio positivo fatto persona: l'amicizia, il sacrificio e la lealtà
sono i punti fermi della sua esistenza.





Ma non è possibile tralasciare l’importanza di Vegeta in questo manga. Perché è l’alter ego di Goku. La parte cattiva.
I due si bilanciano perfettamente.

Però Vegeta è anche la dimostrazione di un possibile cambiamento:
anche una persona apparentemente malvagia può cambiare e scoprire
un nuovo e migliore modo di vivere.

Il suo cambiamento si può già notare durante la saga di Cell,
ma è contro Majin Bu che mette a finalmente a nudo la sua umanità (facendosi esplodere per sconfiggere il nemico e salvare la terra).





Chiuso il doveroso elogio a un personaggio così affascinante,
resta ancora da dire qualcosa sull’ultima parte della saga,
la breve (purtroppo) serie Dragon Ball GT.


E’ la serie che ho rivisto di recente,
dato che è stata trasmessa le 19:45 su Italia 1.
Purtroppo le ultime puntate (ma che idea geniale) sono state spostate al pomeriggio,
e qualcuna me la sono persa.
Pazienza, i drammi della vita sono altri.
Ma, ripeto, la visione di questo cartoon
ha portato a galla bei ricordi.
E dopo l’ultima puntata è sopraggiunta
un po’ di malinconia.
Perché oramai i cartoon non mi attirano più.
Eppure sono stati fondamentali nella mia (credo nostra) adolescenza…
i Transformers, I Cavalieri dello Zodiaco, ma soprattutto
Ken il guerriero
(avrò visto tutta la saga almeno 5 volte),

L'Uomo Tigre
e Dragon Ball e chissà quanti altri
che ora non mi vengono in mente.
Al di là dei contenuti, erano fondamentali per stimolare l’immaginazione.
Forse oggi si è persa la voglia di sognare… è davvero difficile avvicinarsi con entusiasmo e beata “ingenuità” ad una storia, che sia libro o film.
Peccato.


Forse scrivo così perché ancora sotto effetto malinconia provocato
dalla visione de “Il labirinto del Fauno” (film capolavoro)…
vabbè, lasciamo perdere questi discorsi da psicologi,
e torniamo al discorso che avevo iniziato poco fa, Dragon Ball GT.


Dicono che GT stia per Galaxy Tour, ovvero il viaggio che Goku,
la nipote Pan e Trunks intraprendono per la galassia alla ricerca
delle sette sfere.
La serie è divisa in quattro parti.
La prima parla appunto della ricerca delle sfere, poi entra in scena Baby, poi è la volta di Super C17, infine dei sette draghi.


Dragon Ball GT non si basa sui fumetti
di Akira Toriyama, anche se questi ha collaborato alla realizzazione.
L’impressione è che sia stata messa in piedi
troppo in fretta, con molta improvvisazione.
Troppa carne al fuoco, e troppo poco tempo
per farla cuocere.
Ritroviamo qui i vecchi amici e nemici,
per un “ripasso” di tutta la saga.
Forse è un’operazione-nostalgia.
Non regge il passo con la serie Z.
Però non è da buttare.





Resta un’occasione sprecata, perché la mini saga di Super C17
poteva essere sfruttata meglio, perché purtroppo i nostri Sayan
(Goku escluso) non tengono testa (anche Vegeta, purtroppo)
di fronte ai nuovi nemici.
Errore imperdonabile.
Comunque la serie GT si riscatta nel finale con la saga dei draghi malvagi,
e ci regala due cattivi niente male: il drago del Sole Suh Shenron
(che poi diventa buono) e Li Shenron, il drago cattivo che a me
è piaciuto parecchio.






Finita l’ultima puntata, ripeto, mi è restato
un po’ d’amaro in bocca, pensando a quando finiva
la lezione e l'autobus mi riportava a casa alle 13:40,
in tempo per sedermi a tavola
e godermi la puntata...

Rivederlo la seconda volta, sinceramente,
non fa l’effetto della prima.

Così come per i film.
La bellezza di quelle ore è irripetibile, e non potrà mai più riproporsi.
Solo 300 è stato in grado di entusiasmarmi e riportarmi a quella beata ingenuità infantile di cui parlavo poco fa, nessun altro film.


Ecco perché sono comunque contento, riserve a parte, dell’uscita del film di Dragon Ball… anche se l’attesa è un po’ prolungata, spero ne valga la pena aspettare.
Riuscirà il film a carpire l'essenza del cartoon/manga? Incrociamo le dita...

venerdì 14 dicembre 2007

Recensione: Blade - Trinity


Genere: azione/horror
(poco splatter)


Regista: David S. Goyer


Stati Uniti 2004



Blade, il cacciatore di vampiri,
questa volta se la vedrà con il capo
della stirpe dei succhiasangue,
Dracula in persona.








Blade: Trinity è il terzo episodio della saga
del Diurno.
Blade è metà umano e metà vampiro,
e nel tempo libero si diverte a dare la caccia
ai succhiasangue.
La trilogia è ispirata al fumetto
creato da Marv Volfman (testi)
e Gene Colan (disegni) nel 1973.


Purtroppo mi sono perso il primo episodio
della serie, quindi su di lui la mia preparazione
è un po’ carente, ma pazienza.
Mi era piaciuto il secondo episodio, diretto da Guillermo del Toro (Hellboy, Il labirinto del Fauno), sufficientemente adrenalinico
e pure un poco “profondo”.


L’analisi dei personaggi certamente non è il forte di questo genere di film, perlomeno al di fuori del personaggio protagonista.


Blade è un tipo interessante.
Il classico duro dalle poche parole.
Non è molto amichevole, l’unico suo amico
è il vecchio Whistler, ma questa volta dovrà fare anche a meno di lui, perché passa a miglior vita durante un’operazione delle teste di cuoio.
I soldati sono intervenuti perché un’organizzazione guidata da una sensuale quanto letale vampira (cari lettori, perlomeno Parker Posey giustifica l’acquisto del DVD…
o lo rende meno amaro) ha incastrato
il nostro ammazzavampiri.


Proprio mentre tutto sembra perduto, sbucano fuori
dal nulla due “alleati”, appartenenti ad una squadra speciale di ammazzavampiri.
I due giovani fanno parte della squadra Nightstalkers.
La giovane Jessica Biel (già vista in Non aprite quella porta - il remake) interpreta Abigail, una giovane guerriera che ascolta musica scaricata da internet
prima dei combattimenti: squallida pubblicità (e neanche tanto occulta) all’Apple iPod!!!.
Il massiccio Ryan Reynolds interpreta
il collega Hannibal King, e tenta con le sue battute
di dare un tocco d’umorismo al film.
A mio avviso tutto sommato ci riesce.


I problema (o forse è un pregio? boh…)
di questo film è che non può andare al di là
del classico filmetto da gustare con i popcorn,
con il volume a palla e una bibita fresca
(d’estate, s’intende).


Sarebbe interessante la critica ai mass media, che troppo facilmente vengono manipolati
e messi contro qualche innocente,
ma è solo uno spunto.
Anche l’introduzione di un antagonista mica da poco, Dracula in persona, non sarebbe un’idea da buttare.
Solo che il Dracula che Goyer ci presenta… è un tamarro colossale,
un cinghiale, chiamatelo come volete, poco più che un palestrato:
l’attore è Dominic Purcell, il protagonista della bellissima serie
(non ho potuto seguirla ma mi mordo le mani in continuazione
perché mi è bastato vedere lo spot per capire di trovarmi di fronte
a qualcosa di superiore alla media) Prison Break.





Mescolando il tutto viene fuori un film divertente,
un prodotto abbastanza dignitoso, ma non credo in tutta onestà che arrivi alla sufficienza.




Voto Finale: 5



Scheda dell'IMDb



domenica 9 dicembre 2007

Recensione: Cannibal Holocaust



Attenzione: alcuni dei contenuti
di questa pagina potrebbero disturbare
la sensibilità di chi legge.



Genere: horror-avventura-drammatico
(maxi splatter)

Regista: Ruggero Deodato

Italia 1980


Quattro reporter scompaiono
nella foresta amazzonica.

Il professore Monroe è a capo
della spedizione inviata per trovare
i quattro dispersi.
Dopo diverse avventure scoprirà che i giornalisti sono stati uccisi
dai selvaggi, ma perlomeno recupererà le pellicole.

Tornato a New York decide di visionarle insieme ai direttori di rete
che invece vorrebbero immediatamente dare i filmati in pasto
al pubblico, sentendo profumo di affari.

La verità che verrà fuori dalla visione sarà a dir poco agghiacciante.








SLOGAN PROMOZIONALI


Non voltate la faccia! Guardate! Anche questi sono uomini,
sono vostri simili!


Non riuscirete a credere che quello che vedrete è vero!


Il film più controverso di tutti i tempi.


Crudele! Orripilante! Autentico!


Il film più selvaggio e brutale della storia moderna.


È meglio riposare in pace nel caldo corpo di un amico
piuttosto che nella fredda terra.


Avvertimento: gli uomini che vedrete mangiati vivi sono gli stessi
che hanno filmato queste incredibili sequenze.


Può un film spingersi sino a questo punto?


Il film che ti sconsigliarono di vedere!


Nel 1979 quattro fotoreporter scomparvero nelle giungle del Sud America mentre stavano girando un documentario sul cannibalismo...
sei mesi dopo, il loro lavoro è stato ritrovato.


Benvenuti nella giungla!


Coloro che hanno girato questo film sono stati squartati vivi
dai cannibali!




All’uscita i critici dissero:


Le scene raccapriccianti del film sono ottenute con tale cialtroneria
che non solo non riescono a mettere paura, ma provocano addirittura disgusto e sdegno
”.


Un film che è eufemistico definire rivoltante, affidato interamente
a scene di bassa macelleria come squartamenti e infilzamenti
di animali vivi, cannibalismo, lapidazioni e altre simili piacevolezze
”.


Tra i tanti film del genere questo è forse il più orripilante e solletica
i gusti sadici del pubblico di Deodato
”.


L'espediente del documentario serve a Ruggero Deodato per un inutile
e cinico sensazionalismo
”.



…poi, con il passare del tempo, CH assunse lo stato di film cult, e cambiarono le opinioni:



Un'operazione gelida e sgradevole, ma a suo modo abile:
l'espediente del film nel film non solo avvolge di un alone inquietante
da finto snuff la violenza mostrata, ma costituisce una precisa riflessione sulla prassi dei mondo movies, una pietra tombale e una satira del genere.
Cannibal Holocaust è un documento indiretto sul malessere dell'epoca e una tappa fondamentale per chiunque voglia riflettere
sulla rappresentazione della violenza
”.


Cannibal Holocaust è una parola vera sullo spettacolo dell'informazione.
L'episodio di Alan Yates e la donna impalata è agghiacciante e perfetto nella sua perfetta malafede.
A pensarci bene, il titolo preannuncia già tutta l'ambiguità del film: Cannibal, associazione mentale istantanea negativa
+ Holocaust, sterminio d'innocenti
= cortocircuito intellettuale:
per noi i cannibali non sono innocenti, quindi l'espressione suona
di primo acchito come un incomprensibile ossimoro
”.


Cannibal Holocaust infrange molti tabù cinematografici ed è
un atto di accusa verso la società contemporanea e i suoi falsi miti.
Cannibal Holocaust è uno di quei film che, con buona pace di puristi
e benpensanti, fanno bene al cinema
”.


Quando ho visto Cannibal Holocaust ho provato uno shock indescrivibile, un'emozione senza pari.
Credo che pochi film nella cinematografia mondiale
abbiano mai raggiunto tali estremismi nel mostrare la violenza.
Il punto di forza del film sta però nel descrivere tali scene con la fredda lucidità e la cruda esposizione di un documentario sulla morte
”.


Morboso, infame, pornografico, censurato in diversi paesi del mondo.
Il film considerato per decenni l'infamia del cinema italiano è in realtà una lungimirante critica al processo di civilizzazione
e all'antropofagia mass-mediatica
”.




Ruggero Deodato, il regista, dice del suo film:

Cannibal Holocaust ha poco a che spartire
con l'horror. Io sono un regista di genere
all'americana. Ho fatto di tutto.
A chi definisce
Cannibal Holocaust un horror rispondo che non l'ha capito e che deve guardarselo per bene e storicizzarlo.
Cannibal Holocaust
è una pellicola di denuncia, ed è il mio lavoro più riuscito. Ci misi una cura maniacale in quel film perché tutto fosse perfetto,
ho strisciato addirittura la pellicola per rendere
il tutto più veritiero.
La storia me la suggerì mio figlio, che all'epoca non voleva guardare
la televisione perché era scioccato da tutti i reportage violenti che passavano al telegiornale, i morti ammazzati dalle Brigate Rosse, ecc
”.



Sergio Leone dirà (parole di Deodato):

Caro Ruggero, questo sarà il tuo cavallo di battaglia, ma ti causerà gravi problemi con la giustizia”.




Fonte: Wikipedia




Finalmente mi sono tolto un peso.

L’ho visto.

Per la recensione vera e propria andate qualche riga più avanti,
ora vi voglio raccontare come ho scoperto questo film.

Questa storia parte da lontano.

Quando leggevo la posta della rivista Horror Mania più volte
mi saltava all’occhio uno strano titolo, due parole che messe insieme
non potevano lasciare indifferente: sto parlando del titolo di questo film.
Più volte veniva chiesto ai redattori di allegare
CH: qualcosa mi faceva intuire che fosse un film “scomodo”, difficilmente presentabile per una rivista seppur di genere (attenzione, non sto criticando l’ottima rivista, della quale sono affezionato lettore!).

Parlo dell’anno 2005.

Una, due, tre volte ho fatto finta di niente, poi quel titolo mi incuriosiva troppo e ho fatto qualche ricerca sul web.
Non serva che dica molto altro, nel web si trovano decine, centinaia
di recensioni su questo film che oramai è di culto.

Quando mi trovavo tra le mani
un bel gruzzoletto da spendere, la tentazione
di acquistare questo titolo era forte.
Finiva sempre che sceglievo altri film,
anche perché quando spendo qualche euro
lo faccio per qualche prodotto che mi piaccia veramente, quindi vado sul sicuro.
E, diciamoci la verità, forse temevo anche
di andare incontro a qualcosa di eccessivo
per i miei gusti.

Due anni fa la mia conoscenza dell’horror era appena superficiale,
e probabilmente la visione di una pellicola così estrema rispetto ai (pochi) film visti in precedenza avrebbe anche potuto farmi allontanare
dal genere.
Non che adesso sia un’enciclopedia vivente, però ho decine e decine di film più o meno buoni sulle spalle, e ho più dimestichezza con il genere,
e quindi sono un poco più preparato.

Poi quest’estate ho visto il primo episodio della trilogia deodatiana
sui cannibali,
Ultimo Mondo Cannibale.
Nella recensione, testuali parole, affermavo: “
So che prima o poi
mi capiterà l’occasione di vedere
Cannibal Holocaust, e so anche che, causa la mia (mai come in questo caso malsana) curiosità, lo guarderò con attenzione. Ma so anche che probabilmente mi farà dannatamente schifo. Perché proprio in quel film le violenze sugli animali raggiungono l’apice, per non parlare dello splatter (può già bastare la locandina,
dove in bella mostra c’è una donna impalata) a go-go
e dell’inaudita violenza
”.

Penso che nella vita sia impossibile rimanere sempre fermi
nelle proprie convinzioni, ogni tanto sia onesto fare autocritica
e ammettere di avere sbagliato a dire o fare certe cose.

Lo ammetto: forse mi sbagliavo.

Bando alle chiacchiere, ora veniamo al sodo.

E’ difficile recensire un film del genere senza metterci dentro
opinioni personali.
Una recensione obiettiva e imparziale è quasi impossibile.
Ci provo.


Il film si struttura in tre parti.

Nella prima veniamo a conoscenza della scomparsa dei fotoreporter,
e seguiamo il professor Monroe nella disperata ricerca dei quattro.




Nella seconda entriamo negli studi televisivi: il prof. Monroe è incaricato dai dirigenti della televisione di presentare al pubblico i filmati inediti
in esclusiva, perché l’argomento “tira”.




Il prof. preferisce però visionarli prima di mandarli in onda,
e nel frattempo intervista i parenti delle vittime (foto sotto):
dalle loro parole e reazioni incominciamo a nutrire qualche dubbio
sulla civiltà dei quattro giornalisti.




Strano, perché dalla visione dei primi filmati ci appaiono
come quattro giovani affiatati alla ricerca di una bella avventura…




La terza parte svelerà la cruda verità.




Obiettivamente è un bel film d’avventura: la bellezza selvaggia
della giungla incontaminata affascina e rapisce lo spettatore;
sembra quasi di avere di fronte un documentario.
La giungla è probabilmente il punto di forza dei
cannibal movies
(insieme alla violenza).



Obiettivamente
è un film furbo ed intrigante:
all’inizio ci immedesimiamo nel professore Monroe e stiamo
in apprensione per i quattro giornalisti, poi consci della loro brutta fine pensiamo “ma quanto sono brutti, sporchi e cattivi questi indigeni”;
poi quando il prof. trova le pellicole siamo morbosamente curiosi
di vedere cosa c’è dentro, e una volta visionati i filmati rimaniamo
a bocca aperta, e ci rimangiamo quanto detto poc’anzi sui selvaggi…

Obiettivamente è un film premonitore: Deodato anticipa e mette a nudo il giornalismo d’assalto, alla ricerca di sensazionalismi, che dà in pasto
al pubblico quello che chiede: violenza, sangue e morte a volontà.
Con questo prodotto si va sul sicuro.

I fotoreporter mi ricordano i giornalisti
di
Studio Aperto (sì, è proprio una crociata personale contro questo TG, più in generale contro un’informazione che spettacolarizza tutto), forse questi ultimi sono anche peggiori, perché reali: nei loro servizi non stanno
mai fermi, sono sempre in movimento,
sembra stiano recitando un copione, sono sempre alla ricerca
del particolare più piccante e morboso.
Vorrei chiedere a loro “tanti sacrifici per diventare giornalisti e lavorare
in TV e poi davanti alle telecamere sembrate dei COGLIONI che le poche volte che per sbaglio vi vedo - se non mi fate girare la testa,
dato che sembrate tarantolati – dopo avervi rivolto gli insulti peggiori possibili mi viene voglia di lanciare il televisore dalla TV!!!”, e lo farei
se non fossi al quarto piano e sotto non ci fosse il marciapiede.
Perdonate lo sfogo.
Chiusa la polemica.

Obiettivamente la colonna sonora è fantastica, meravigliosa:
la melodia di Riz Ortolani (preparatevi a una sparata megagalattica)
non ha niente da invidiare alle musiche di Morricone.
Ok, si tratta di contesti diversi, di film un po’ lontani tra loro.
Ma, con le giuste proporzioni, Ortolani ha prodotto un capolavoro.
In un contesto horror le dolci e romantiche melodie rendono
ancora più spiazzante il prodotto.
Date un’occhiata al trailer del film, ascoltate anche pochi secondi
e quella melodia vi entrerà in testa, e non uscirà più. Garantito.

Obiettivamente è un film splatter con le palle: si perde il conto delle scene gore, realizzate con maestria – giù il cappello – da Aldo Gasparri.
Incredibile davvero la scena della ragazza impalata: e se…
non, non voglio pensarlo anche se dicono che a pensare male si fa peccato,
ma quasi sempre ci si azzecca…

Di solito ci lamentiamo degli slogan
che lanciano molti film strapubblicizzati
che poi alla fine si rivelano delusioni:
bene, questa è l’eccezione
(che conferma la regola?).


Violenza brutale. Stupro disumano. Cannibalismo nauseante.
Questo è il mondo agghiacciante di Cannibal Holocaust

è un motto che riassume bene il film, non c’è alcun dubbio.
Nessuna bugia, nessuna menzogna.

Obiettivamente, in conclusione, è un ottimo film, e potrei concludere qui appioppandogli un ottimo voto, forse anche un bel 10,
perché è un prodotto dagli intenti chiari, un contenitore di violenza
senza mezzi termini, che però va al di là del mero
splatter,
un film che fa riflettere se posto all’attenzione di uno spettatore responsabile e consapevole.

Però non riesco a starmene zitto e a concludere qui la mia recensione…
ho ancora qualcosa da dirvi, qualche osservazione personale,
ma non meno importante.

Ho aspettato con impazienza, con ansia,
con trepidazione una scena che mi facesse
venir voglia di coprirmi gli occhi, di girarmi
da un’altra parte, ma sono passati 90 minuti
e nisba.
Attenzione, amici lettori, non sto facendo il duro, lo spaccone,
dico solo che pur essendo un prodotto estremo non mi ha fatto
così tanta impressione.
Certo che tutta quella violenza e tonnellate di
splatter non lasciano indifferenti, ma questo film non mi ha certamente tolto il sonno.
Tornando a quello che vi ho detto un po’ di righe prima, forse alla visione di questo film sono arrivato adeguatamente preparato, ben conscio di cosa avrei avuto di fronte. Due anni fa magari… o forse avrebbe fatto più effetto visto all’uscita… ma con i se e i ma non si fa la storia.

A proposito di violenza, non abbiamo parlato ancora delle torture
agli animali, che hanno creato un dibattito feroce tra i cultori
e i dissacratori di questo film.

Le uccisioni di, nell’ordine, un topo muschiato, una tartaruga
(secondo me la scena più atroce del film), un ragno, un serpente,
una scimmietta e un maialino hanno scatenato polemiche e hanno causato grane al regista (che se le è anche cercate, vedremo più avanti).
Cosa ne penso? Che erano
evitabilissime!
Senza ombra di dubbio hanno contribuito ancora di più a creare l’atmosfera da
snuff, insieme alle immagini di fucilazioni (vedi qui sotto) provenienti da veri documentari recuperati da Deodato
in chissà quale modo.




Non hanno certo sterminato l’intera fauna della foresta amazzonica
per questo film, ma in fondo gli animali con questo prodotto
non c’entrano niente, e meritano rispetto (ché già poveretti vengono maltrattati quotidianamente per finire sulle nostre tavole):
il regista poteva lasciare perdere.

A queste violenze avevo già assistito durante la visione di Mondo Cane, un mondo movie (quegli pseudo-documentari contenitori di immagini forti – ma finte, tranne che per le torture agli animali), un genere di film dei quali CH è evidente debitore (ma qualitativamente nettamente superiore).

Ma quel che è stato è stato. Potevano magari rifiutarsi gli attori di girare quelle scene, ma l’impressione è che si siano divertiti un sacco.

Gli attori, già. Non ho ancora detto niente su di loro.
La scena oltre che dal bravo professore Monroe (interpretato da Robert Kerman) e dal rude esploratore Chaco (Salvatore Basile) è saldamente
in mano ai quattro reporter, protagonisti della parte finale del film.
Allucinanti le loro interpretazioni.
Quasi da Oscar. Però…




Si sono davvero divertiti a girare questo film, a compiere – per finta - atrocità assortite (anche a ammazzare quelle povere bestiole
non dimentichiamolo!).
Per carità, è tutta finzione, ma… Se penso che Bill Moseley e Sheri Moon,
i protagonisti de
La Casa del Diavolo, durante la scena degli ostaggi
nel motel, hanno avuto serie difficoltà a girare… mi chiedo quali pene avrebbero dovuto passare i nostri quattro prodi… tra i quali c’è anche
un giovane Luca Barbareschi, che più volte ha rinnegato questo film (soprattutto la barbara uccisione del porcellino, dopo che in un primo momento aveva detto di non avere avuto nessun fastidio).
Ma evidentemente, lo ripeto, si sono divertiti un sacco
(soprattutto l'attore che interpreta Alan Yates, capirete il perché guardando l'immagine qui sotto...).




Meglio così, per loro e per il pubblico, che si trova davanti uno spettacolo molto realistico.
Un finto
snuff molto credibile.
Grazie anche alla presenza degli indigeni, e dei loro strani riti,
non dimentichiamolo.




Deodato è capace, non c’è dubbio. E’ riuscito a girare un film tra mille difficoltà, a confezionare un prodotto premonitore di una società e dei suoi mille malesseri, però… sulle violenze sugli animali mi sono già espresso.
Quello che mi ha un po’ infastidito è la morale che vuole inculcarci alla fine del film, perché la domanda che mi pongo è “da che pulpito viene
la predica???”. Lo sapete che Deodato una volta finito il film ha detto
ai suoi attori “
belli, sparite per un po’ dalla circolazione almeno tutti credono che siete morti davvero e che il film sia vero e così facciamo
più pubblico
” e, aggiungo io, più pubblico vuol dire più incassi!!!




Questa sua idea si è rivelata un’arma a doppio taglio, perché il film
non ha avuto subito il successo atteso, e perché lo stesso Deodato ha avuto delle grane con la giustizia, convinti com’erano tutti che si trattasse
di realtà e non di finzione. Gli attori furono chiamati a testimoniare,
il regista fu punito con una multa e qualche mese di gattabuia (ma non so
se ha scontato la pena).
Ben gli sta.

Tutto ciò non vi puzza un po’ di ipocrisia?
Deodato vuole denunciare
il sensazionalismo dei tiggì dell’epoca
ma non fa altro che produrre un film
- finto
snuff che si regge su menzogne!
Non è contraddittorio tutto ciò?!?

E poi “chi sono i veri cannibali?”.
Capisco la vita moderna non sia rose e fiori, e il progresso porti
a delle controindicazioni, ma sempre meglio che divorarsi l’un l’altro…

E quindi veniamo al verdetto finale: so che siete tutti impazienti di sapere
il mio giudizio finale, ci siamo quasi, il mio verdetto è…


attenzione

un po’ di suspence

ci devo ancora un po’ riflettere su

ripensandoci bene

in fin dei conti

questo film

MI E’ PIACIUTO!


Ah, mi sono liberato di un peso.

Non mi sento di mettere questo film
tra i miei preferiti in assoluto,
comunque al di là della violenze gratuite sugli animali (ripeto evitabilissime),
degli stupri che dopo un po’ stufano,
è un film che riesce ad intrattenere, perché ripeto è un film molto
FURBO, perché il viaggio nella giungla al fianco del prof. Monroe è avvincente, perché la verità che verrà fuori dalle pellicole è sconvolgente,
e in confronto i cannibali sembrano degli angioletti…

Non saprei però a chi consigliarlo… chi cerca qualcosa di forte
(anche se il concetto di “forte” è personale) dovrebbe trovare pane
per i propri denti, poi in fondo la mia recensione (la più lunga che abbia mai scritto, merito un applauso) mi pare piuttosto sincera e chiara,
quindi io ho fatto tutto il possibile per chiarirvi le idee e spetta a voi decidere se valga la pena o meno di guardare questo film.

L’importante è che siate CONSAPEVOLI di che cosa avrete di fronte.
Non ho elencato tutte le scene di violenza presenti nel film, ma sappiate che questo film è un
campionario di atrocità assortite.

Detto tra noi, per capire quanto l’uomo possa essere brutale e malvagio
in fondo basta accendere
la TV



Ancora una cosa.

Chi ha visto il film penso sarà d’accordo con me.
Chi non l’ha ancora visto e deciderà di farlo in futuro ripassi più avanti
e mi dica se sbaglio o meno.

Alla fine alcuni momenti e frasi rimarranno impressi nella memoria
dello spettatore.


I quattro giungono in un villaggio.
Per simulare lo scontro tra due tribù rivali costringono gli indigeni
a entrare nelle capanne, poi le incendiano, compiendo una strage.





Il professore Monroe discute animatamente con i dirigenti della televisione che vogliono a tutti i costi mandare in onda i filmati.
Ma loro non li hanno ancora visti tutti... quindi li invita a visionare
le restanti pellicole.
I quattro rapiscono una ragazza indigena e la violentano a turno.
Ovvia l’indignazione dei dirigenti.
Ma il peggio deve ancora venire.




La povera ragazza è stata impalata.
Alan Yates vuole spacciare il loro crimine per una punizione
degli indigeni… una gelida risata di folle autocompiacimento di fronte
alla sventurata solca il volto di Alan, quando Jack Anders lo avvisa: “
Attento Alan, sto girando!”. Alan si ricompone e pronuncia la seguente frase: “Oh santo cielo! È… è inimmaginabile... è orribile... non riusciamo a capire il perché di questa spietata punizione… probabilmente è legata a qualche oscuro rito sessuale, ma noi non possiamo accettare gli aspetti primitivi di questa... giustizia. Sappiamo che le pene più crudeli spettano alle adultere, ma questo supplizio è veramente atroce, e nessun peccato al mondo potrebbe giustificarlo”.


Jack Anders è stato catturato e massacrato dai selvaggi.
Durante la fuga Shanda viene catturata.
Alan Yates, anziché tentare di salvarla, urla disperatamente:
Mark… per lei è finita… continua… continua a girare, Mark, continua
a girare, Mark… continuaaa!!!




Saranno le sue ultime parole.


Professor Monroe: “Mi sto chiedendo chi siano i veri cannibali”.






Ah già, mi dimenticavo il voto...


Voto Finale: 9



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