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venerdì 30 gennaio 2009

Recensione: Nightmare - Dal profondo della notte



Titolo originale:

A Nightmare on Elm Street


Genere: horror

(medio splatter)


Regista: Wes Craven


USA 1984



I sogni (o meglio, gli incubi)

dei giovani abitanti di Springwood sono turbati. Un uomo sfigurato, con un cappello scuro, vestito con un maglione a strisce rosso-verdi

e con un guanto artigliato, li minaccia.

I ragazzi incominciano a morire misteriosamente. Ora il confine tra realtà e sogno è davvero sottile. La giovane Nancy proverà ad affrontare

il misterioso killer.







Mi sembra doveroso spendere due righe su un film che ha segnato la storia dell’horror. Freddy Krueger è leggenda, su questo non ci piove.

E Nightmare è un bel film. Sui numerosi sequels invece non mi esprimo (anche perché non li ho visti…).





Nightmare è solo apparentemente un horror per ragazzi.

Oramai siamo abituati a tutto, dati gli standard splatterosi dell’horror del

nuovo millennio. Il film di Craven appare quasi ingenuo, una fiaba nera, “infantile” rispetto a prodotti odierni ben più cattivi (ma privi, forse,

di un vero messaggio di fondo). Ma ad una più attenta chiave di lettura

risulta essere molto di più di un banale teen-horror.





C’è un gruppo di ragazzi. C’è un mostro che popola i loro incubi.

I ragazzi incominciano a morire ad uno ad uno. Ma qui c’è di più.

C’ è una storia interessante alle spalle del mostro. Trattasi di un pericoloso pedofilo, scarcerato per negligenza del giudice (mi sembra di avere

già sentito questa storia, e purtroppo nella realtà e non in un film…):

i genitori, logicamente preoccupati, lo hanno linciato bruciandolo vivo.

Ora è tornato, per prendersi la rivincita: le vittime sacrificali sono i figli

dei sui carnefici.





Ma limitarsi a questa analisi è superficiale e riduttivo.


Craven affronta il difficile passaggio dall’adolescenza al mondo adulto. Pieno di dubbi, timori, insicurezze, contrasti con i genitori.

Genitori che dovrebbero apparire come rifugi sicuri ma in realtà nascondono diversi scheletri negli armadi. Genitori distratti.

Forse più insicuri loro dei propri figli. Genitori perfetti all’apparenza, decisamente meno una volta dentro le mura di casa (basti vedere

la mamma di Nancy, una donna affascinante, apparentemente sicura di sé, che alle prime difficoltà si rifugia nell’alcol).

Ancora una volta le colpe dei genitori ricadono sui figli.





Il film gioca sull’alternanza sogno/realtà, è davvero difficile capire

se i nostri protagonisti stanno sognando o stanno vivendo realmente quell’incubo, e il finale certo non aiuta a chiarire questa alternanza ambigua tra ciò che è concreto, tangibile, e ciò che è solo immaginazione. Questo è un bene o un male? Ogni spettatore si può fare la sua opinione.

A me sinceramente non ha convinto molto. Forse è l’unico punto debole notevole del film.





Sulla maschera di Freddy Krueger non c’è molto da aggiungere,

Robert Englund ha dato vita a uno dei boogeyman più celebri

ed affascinanti della storia dell’horror. Siamo nei tempi di Michael Myers, Jason Voorhes, Faccia di Cuoio, eppure il nostro guanto artigliato riesce

a ritagliarsi il suo (meritato) spazio. La sua mimica, il humour nero,

la sua imprevedibilità, la sua “inconsistenza” (è reale o solo il frutto

dei sogni dei protagonisti?) lo rendono unico nel suo genere.

Freddy è il materializzarsi delle nostre paure più profonde.





Non mancano le scene cult: la morte di Tina, la mano di Freddy che sbuca nella vasca, e soprattutto l’uccisione di Glen (l’esordiente Johnny Depp) sono geniali. Ogni apparizione di Freddy è centellinata con sapienza,

con maestria.





In conclusione mi riesce un po’ difficile giudicare questo film e dare

un voto. Inevitabilmente merita un voto positivo. Quanto positivo?

Certo, dire che fa paura è un’affermazione piuttosto pesante.

Credo che l’unico punto debole (finale a parte, ma è un’impressione

esclusivamente mia) sia il passare del tempo.

Ma la “vecchiaia” di un film non può essere considerato un limite,

siete d’accordo con me?





Come ho detto nell’apertura Nightmare può apparire innocuo,

quasi ingenuo rispetto agli horror recenti.

Eppure ha un fascino, un carisma, quasi magnetici. Un appassionato dell’horror non può rimanere indifferente di fronte a una perla del genere (e lo dico io che NON amo gli slashers ed ero persino indeciso se guardare – e poi recensire – questo film).


Merita dunque il massimo, se non altro almeno per il buon Freddy.

Anche perchè vorrei evitare che finisse nei miei incubi.



Voto Finale: 10 e lode



Scheda dell'IMDb


giovedì 22 gennaio 2009

Recensione: Hellraiser - Non ci sono limiti



Attenzione: alcuni dei contenuti
di questa pagina potrebbero disturbare
la sensibilità di chi legge.



Genere: horror

(molto splatter)


Regista: Clive Barker


USA 1987



Frank Cotton, un uomo alla ricerca

del piacere stremo, ha pagato a caro prezzo la sua perversione.

Per ritornare in vita e fuggire

dai Supplizianti che lo stanno cercando

ha bisogno dell’aiuto di Julia, la moglie del fratello Larry (sua amante). La figlia di Larry, Kirsty, proverà ad ostacolarlo.








" La scatola. Tu l’hai aperta e noi siamo venuti.

Siamo esploratori delle più remote regioni dell’esperienza.

Per alcuni demoni, angeli per altri.

Tu hai aperto la scatola e noi siamo venuti, devi venire con noi

a provare i nostri piaceri.

Niente lacrime per favore, non si deve sprecare così la sofferenza "

Pinhead, il capo dei Cenobiti



Donna Cenobita (rivolta a Kirsty): Non vorrai lasciarci così presto spero

Pinhead: Abbiamo tante cose stupende da mostrarti"

Kirsty: Io non voglio vederle!!!




Hellraiser è un’altra tappa obbligata per un appassionato horror.

Mi ricordo, una vita fa, di avere visto su Blob un uomo decisamente pallido, con la testa interamente ricoperta di chiodi. Era Pinhead,

il capo dei Cenobiti, l’icona della saga. Non mi sono mai più tolto

il suo volto dalla testa. Era ovvio che quando ho intrapreso il mio cammino alla scoperta del genere horror prima o poi mi sarei imbattuto nel gioiello di Clive Barker.


E’ giunto il momento.


Frank Cotton è il classico uomo che non si accontenta: alla costante ricerca

di qualcosa di nuovo, vuole spingere il limite del piacere sempre un po’

più avanti. Ora ha trovato quello che cercava: una misteriosa scatola.

Una sorta di rompicapo. Si dice che chi lo risolva possa entrare in una sorta di nuova dimensione, in una nuova realtà, dove il piacere raggiunge

vette inimmaginabili.




E’ così. O almeno questo è quello che Frank crede. C’è la fregatura!

Una volta risolto il rompicapo arrivano i Cenobiti, o Supplizianti,

o chiamateli un po’ come vi pare (non sono né angeli né demoni, così dice

il loro boss Pinhead), e con un bel set di catene e uncini trafiggono le sue carni e lo fanno a pezzi. Ora Frank è imprigionato in quella dimensione,

e solo un evento fortuito può riportarlo a contatto con la realtà.

E quell’evento fortuito non tarda ad arrivare.




Si dia il caso che Larry, fratello di Frank, e sua moglie Julia traslochino nella vecchia casa di famiglia. Un banale incidente durante il trasloco provoca a Larry una ferita: il suo sangue cade per terra e risveglia

il fratello. Ora Frank è ritornato, ma il suo corpo è in condizioni pietose:

ha bisogno di “nutrirsi” per tornare ad avere le sembianze dei bei tempi

che furono… chi può aiutarlo? Julia.




Da quando si è trasferita in quella casa Julia è turbata, inquieta.

Nei flashback intuiamo un po’ per volta che tra lei e Frank c’era qualcosa…

più di qualcosa. La loro era una relazione clandestina, passionale,

focosa come poche. Si erano giurati eterno amore e ora per Julia è venuto

il momento di tenere fede alla promessa, procurando a Frank carne fresca.




Ma il loro piano sarà ostacolato da Kirsty, la figlia di Frank, che piano piano intuirà le cattive intenzioni della coppia, verrà a conoscenza

della misteriosa scatola detta Configurazione dei Lamenti

e involontariamente invocherà i terrificanti cenobiti.

Ora i Cenobiti vogliono “giocare” con lei: come uscire da questa

intricata situazione?




Kirsty, decisamente scaltra, dice al buon Pinhead che l’ultima loro vittima (Frank) è fuggita: promette dunque che aiuterà i mostruosi esseri

a rintracciarlo per completare l’opera. In cambio di Frank lei sarà salva.


Con la trama può bastare così.


Hellraiser non è un horror semplice. Di sicuro è un prodotto innovativo, interessante, ambizioso. Non adatto a tutti, però. Il ritmo è basso.

Questo film avvolge lo spettatore in una spirale di menzogne, tormenti psicologici (la storia segreta tra Frank e Julia) e tormenti fisici, dolore, sofferenza, morbosità, perversione (le atroci torture alle quali Frank

è - meritevolmente - sottoposto).


L’atmosfera della casa è lugubre, inquietante, sporca. Non ci sono balzi sulla sedia, picchi di tensione: assistiamo a una messinscena dove al centro dell’attenzione c’è l’ambiguo confine tra piacere e dolore.




La scena è ovviamente dominata dai Cenobiti (forse centellinate

con eccessiva parsimonia le loro apparizioni): creature davvero davvero inquietanti. Di Pinhead ho già detto.


Con lui ci sono una donna cenobita, anche lei pallida e dall’aspetto tutt’altro che rassicurante (la sua gola è squarciata…), Chatterer, veramente orribile, senza occhi né naso con i denti che continuano

a battere e Butterball, decisamente sovrappeso e disgustoso.

Per non parlare di un altro mostro che sbuca fuori all’improvviso…

descriverlo è difficile. Mi ha ricordato un po’ il Belial di Basket Case.

Queste figure entreranno nella vostra mente e non usciranno mai più.




La quantità di splatter è notevole: la scena della resurrezione di Frank

è leggendaria, di sicuro effetto, così come il macello finale, con tutte

quelle catene e quegli uncini conficcati nella carne di Frank…




Il finale non convince del tutto: i cenobiti dopo avere ottenuto

quello che volevano (Frank) danno la caccia a Kirsty. Erroraccio!!!

In questo modo il film scade in uno slasher qualsiasi!

Vabbè, sorvoliamo.




Lo scarso budget è sì un limite ma non si fa poi sentire così pesantemente, l’idea di fondo è buona, ed è questo quello che conta, ma molto onestamente dico che questo è un prodotto difficile, al quale mi sono avvicinato pur sapendo che non mi sarebbe piaciuto come altri horror.


Tuttavia in questo caso mi sembra giusto, soprattutto per chi legge, estirpare dal giudizio finale il mio parere ed elogiare il lavoro di un grande artista, lo scrittore Clive Barker (che tra le sue numerose opere ha ispirato il bellissimo Candyman). Se ne volete sapere di più su di lui ecco

la sua biografia su Wikipedia.



Voto Finale: 9



Scheda dell’IMDb



martedì 13 gennaio 2009

Recensione: Inferno in diretta



Titoli alternativi: Amazon: Savage Adventure; Cut and Run;

Straight to Hell


Genere: avventura/azione

(molto splatter)


Regista: Ruggero Deodato


Italia 1985



Una giornalista e il suo operatore

si dirigono in Guyana alla ricerca

di Tommy, figlio del direttore dell'emittente televisiva per la quale lavorano. In realtà lo scopo del loro viaggio è intervistare il colonnello Brian Horne, ex militare diventato santone di un gruppo di indigeni.







Inferno in diretta è l’opera che chiude la trilogia deodatiana

sui cannibali. Peccato che in questo film di cannibali non ci sia l’ombra… accostarlo a Ultimo Mondo Cannibale (1977) e Cannibal Holocaust (1980) è forse un errore. Questo è un dignitoso film d’avventura, di inaudita violenza sia ben chiaro, ma non è assolutamente un horror. Anche se ho deciso di inserirlo tra le recensioni horror. Perdonate la mia incoerenza.




La storia ricalca un po’ quella di CH. Una giornalista e il suo cameraman, reporter d’assalto, intraprendono un viaggio, destinazione Guyana,

per intervistare un ex militare che si è dato per morto ma in realtà è vivo

e vegeto e controlla un esercito di indios pronti a massacrare i trafficanti

di droga.




Nel frattempo conosciamo le tristi storie di Tommy e Ana,

che hanno scelto di fuggire dalle loro monotone vite per andare incontro all’avventura, ma si trovano imprigionati in un villaggio comandato

dai narcotrafficanti. I loro cammini si incontreranno con quelli

dei reporter, e dovranno unire le forze per resistere all’assalto degli indios.




In Inferno in diretta c’è un po’ di critica sociale. Forse non efficace come in CH. Le figure di Fran e Mark ricordano un po’ quelle di Alan Yates & company: sono alla ricerca della notizia più spettacolare, incuranti

di mostrare immagini crude senza alcun rispetto per le povere vittime.

Si deve girare, ad ogni costo.




E c’è pure una critica al mondo della droga: vista da questo punto la figura di Brian Horne è quasi positiva. L’ex militare, decisamente fuori di testa, ha intrapreso una personale lotta al mondo del traffico degli stupefacenti. Con ogni mezzo, senza alcuna pietà. Non so voi ma questo personaggio

mi ha un po’ ricordato il colonnello Kurz di Apocalypse Now.




Il film è diretto piuttosto bene, i luoghi esotici sono sempre suggestivi

ed affascinanti, la trama coinvolge abbastanza e il ritmo è sostenuto,

la violenza è elevata. La morale appare forse un po’ fiacca, passa di sicuro

in secondo piano rispetto all’illustre precedente.




Il cast è notevole: penso a Lisa Blount (Il Signore del Male),

Richard Bright (Il Padrino), attori di culto del genere horror come

Karen Black (La casa dei 1000 corpi), Barbara Magnolfi (Suspiria)

e Michael Berryman. Quest’ultimo porta in scena un personaggio decisamente brutale, molto più di quanto non lo fosse Pluto ne Le colline hanno gli occhi. C’è pure Luca Barbareschi in una piccola parte.




Inferno in diretta è un buon film d’avventura, garantisce un buon intrattenimento, ma voglio ribadirlo ancora una volta non ha molto

a che vedere con i due illustri cannibal movies girati da Deodato.

Un buon film d’avventura condito da un’elevata quantità di splatter.

Destinato a chi ha lo stomaco forte.



Voto: 8



Scheda dell’IMDb



giovedì 1 gennaio 2009

Ricordi cinematografici (e non solo) del 2008



Il 2008 è oramai alle spalle. Mi piacerebbe tirare le somme di questo anno “cinematografico” con voi lettori, così come è stato per il 2007.



Durante queste vacanze mi sono ubriacato di cinema: ho recuperato capolavori come Battle Royale, Memento e Seven, e ho cercato

di approfondire ulteriormente il panorama horror: Hellraiser, Hostel 2, Inferno in diretta, La sedia del Diavolo, Nightmare,

Non aprite quella porta (l’originale), Para entrar a vivir

sono le recensioni che pubblicherò prossimamente.


Se qualcuna di queste vi interessa particolarmente fatemelo sapere.





Che dire del mio blog… penso che quest’anno, in particolare a partire dall’estate, abbia preso una strada ben precisa. Quella dell’horror.

Dai grandi classici ai film semisconosciuti, ho cercato di allargare

la mia conoscenza del genere.


Prima mi sembra comunque giusto dedicare due parole agli altri generi.


Ho recensito due capolavori di Scorsese: Quei bravi ragazzi

e The Departed. Due ottimi film.

Il primo sembra quasi un documentario sulla vita di un collaboratore

di giustizia. L’ascesa, il successo, i primi guai, i tradimenti…

tutto condensato in due ore di grande cinema.

Notevole pure il suo ultimo lavoro: ispirato a un thriller coreano,

è un film dotato di un ritmo incalzante, coinvolgente. Forse non avrà

il fascino di lavori come Casinò o Quei bravi ragazzi, è un film,

come dire, più “moderno”, ma non meno meritevole di elogi.





Ho provato con il fantasy. Eragon mi suscitava sensazioni positive.

Ma ho sbagliato...





Cane di paglia e Funny Games sono i film non horror che hanno trattato efficacemente il tema della violenza. Hanno fornito ottimi spunti di riflessione.





Ripensandoci mi fanno venire in mente i tipici film d’assedio…

come non citare dunque il magnifico Distretto 13 di Carpenter.

Una piacevolissima sorpresa. Fantastico western metropolitano.





Ora passiamo all’horror.


Due parole sugli horror recensiti recentemente. Planet Terror

di Rodriguez mi ha divertito molto, sono rimasto sorpreso in positivo

da The Mist, e mi sembra giusto spendere un elogio per REC,

che la sfiga mi ha impedito di recensire (la recensione è andata perduta causa la morte della mia memoria usb). Un buon horror. Claustrofobico, teso all’inverosimile.





Veniamo ai film cult.


I film sui serial killer: American Psycho e Henry - Pioggia

di sangue. Due mostri completamente differenti: istruito, colto,

ricco il primo, povero e con un passato da dimenticare il secondo.

Unica caratteristica in comune: la ferocia.





Per la serie “spaventiamo senza un goccio di sangue”, due film su tutti. The Blair Witch Project: una simpatica buffonata. Ci sono cascato pure io. Con un po’ di anni di ritardo.

Lento, angosciante, a tratti ipnotico Session 9.





Ho recuperato qualche perla di Carpenter: The Fog, Il Seme

della Follia e Il signore del male. Soprattutto il secondo è il film

che mi è piaciuto di più. Elogiare la filmografia di Carpenter è tempo perso, fatica sprecata. Oramai il suo curriculum parla da sé.





Spero con il mio piccolo contributo di avere dato visibilità a due horror (mica tanto horror) che ho trovato interessanti: parlo de La morte dietro la porta e de Il buio si avvicina. Ok, si tratta di due film completamente diversi. Il primo è un film politico, sociale, affronta il tema della guerra: molto commovente in alcuni tratti. Il secondo è un horror romantico, un road movie avvincente con al centro una storia d’amore

tra vampiri (no, non è Twilight…).





Ora passiamo a quelle che definisco piccole perle. Ok, non facciamo

di tutta l’erba un fascio, però… li definisco così perché si tratta di film

poco pubblicizzati, alcuni di questi meriterebbero maggiore notorietà,

e spero con il mio “lavoro” di avere aumentato la loro visibilità

(mio Dio come mi sopravvaluto…).


Quelli che mi hanno “preso meno” sono stati Cube Zero (forse perché non ho visto i precedenti, forse perché è un po’ macchinoso),

Stephen King's Desperation (rimane pur sempre un buon film,

che punta non solo a spaventare ma pure a riflettere sulla fede,

come The Mist), Malevolence (slasher girato con due soldi,

non da buttare) e Reeker (un horror per adolescenti che gioca a fare

il film “serio”). Non si tratta di brutti film, non vorrei essere frainteso. Semplicemente non li riguarderei una seconda volta qualora

mi capitasse l’occasione.





I fan di Romero sono invitati a recuperare Dead Meat,

ottimo zombie-movie girato con due soldi ma in grado di garantire

un eccellente intrattenimento.





Chi ha voglia di farsi due risate può dare un’occhiata a Dead End:

forse in alcuni momenti un po’ demenziale, ma strappa più di qualche risata. Chi ha voglia di ridere e sopporta lo splatter in grandi quantità

può puntare su Evil Aliens: un festival del grandguignol iperdemenziale.





Pure Zombie Honeymoon è un film gradevole, simpatico, e strappa pure qualche lacrimuccia: si tratta di una bella storia d’amore… con zombi.





Un film che punta a spaventare senza violenza è Dead Silence:

una classica ghost story. Il tentativo di James Wan di evadere

dalla recente moda di pellicole splatter è da elogiare.





Passiamo ora ai film “seri”. Duri e puri.


Them è un bel film d’assedio. Una coppia. Una casa isolata.

Misteriosi nemici. Semplice semplice, ma piuttosto angosciante.

Da vedere in una sera buia, bagnata dalla pioggia.





Un film che mi ha trasmesso angoscia è stato Calvarie.

Tristezza, malinconia. I protagonisti sono disgustosi, ma fanno quasi pena

nella loro solitudine.





L’horror italiano è morto? Guardate Bad Brains, cercate la filmografia

di Zuccon e ricredetevi.





Veniamo ai tre film più crudi.


Imprint. Trattasi dell’episodio della serie Masters of Horror

che ha scandalizzato l’opinione pubblica. Non mi ha impressionato tanto l’esibizione di violenza, piuttosto sono rimasto colpito dal pessimismo, dalla visione negativa dell’umanità che il lavoro di Miike sbandiera.





A proposito della serie tv, ho trovato molto interessanti gli ultimi tre episodi che mi mancavano: Dance of the Dead (buon horror sociale), The Fair Haired Child (dramma di due genitori che hanno perso

il figlio e sono disposti a tutto pur di riaverlo) e Sick Girl

(bizzarra love story).





Broken è un interessante survival horror. Ha qualcosa in comune

con i torture porn alla Saw, come la scena shock iniziale, però tenta

di approfondire psicologicamente l’ambiguo legame che si instaura

tra vittima e carnefice.





Il premio per il film più disturbante va a À l’intérieur. Un vero pugno nello stomaco. Un film malvagio. Devastante. Consigliato solo a chi cerca qualcosa di forte (ok, lo so, in giro c’è pure di peggio, ma questo prodotto perlomeno ha un senso, a mio avviso non si tratta di violenza gratuita).

In questo film una donna incinta è il bersaglio di una violenza inaudita.

Ho già detto tutto.





Una parentesi va aperta per quei film che mi hanno deluso.

Penso a Cloverfield, o a Saw 3. Il primo ha subito l’effetto boomerang dell’imponente campagna pubblicitaria. Il secondo si è rivelato

un campionario di atrocità assortite. Chissà il 4 e il 5, non li ho ancora visti, quando avrò del tempo da perdere li recupererò.

In fin dei conti questi due film mi sono piaciuti, non mi sento di definirli film brutti, ma non vanno al di là della sufficienza scolastica.





Insignificante e inutile: queste sono le impressioni suggerite dalla visione de Le colline hanno gli occhi 2.





La palma del film più brutto va, purtroppo, a La Terza Madre

di Argento. Sono stato molto cattivo nella mia recensione, di solito

mi sforzo sempre di trovare qualcosa di buono in un film, ma questa volta l’ho stroncato in pieno. Un po’ mi dispiace.





Il film dell’anno… anche se l’ho visto nel 2007… vabbè, l’ho rivisto

un casino di volte quest’anno, e l’ho pure messo sull’iPod, è


A Bittersweet Life





Il suo titolo è diventato il mio nickname su MSN (fa sempre un bell’effetto, è un nick affascinante) e pure nelle mie (rare) escursioni in chat

(anche qui fa effetto: attira orde di maniaci che pensano sia una ragazza).


Perché il film mi abbia così colpito… è un segreto e lo tengo per me.





Professionalmente parlando è stato un anno fantastico: gli esami

sono andati a gonfie vele e la tesi di laurea, sui beni simbolici

e sul consumo posizionale, è quasi pronta: dovrei discuterla i primi

di febbraio, o al massimo a marzo.


Dunque l'esperienza universitaria si può considerare chiusa.





La chiusura di una parentesi così importante lascia ora il posto a un senso di malinconia (azz, mi sento un po’ emo…). Certo, c’è la soddisfazione,

per carità. Eppure… forse perché mi sono anche innamorato della città, Genova, e l’idea che tutto sia finito mi spiazza…





Quante passeggiate, accompagnato dalle canzoni di un FANTASTICO gruppo che ho scoperto i primi mesi dell’anno che si è chiuso:


i SEETHER





Così come voglio pubblicizzare horror poco conosciuti,

voglio sponsorizzare questo gruppo sudafricano. Non pensavo che nessun altro gruppo avrebbe potuto fare breccia nel mio cuore così come

è successo con i Linkin Park, eppure mi sono dovuto ricredere.

The Gift, Fine Again, Fade Away, Never Leave, Truth, sono canzoni meravigliose. Non sono molto allegre, diciamoci la verità.

Però vale la pena ascoltarle.

Soprattutto The Gift, forse è la canzone più bella che abbia mai ascoltato.





Spenderei due parole anche per un altro gruppo interessante, che conosco ancora poco: i Papa Roach. Last Resort, Scars e Forever sono i loro brani che mi hanno colpito di più.





Concludo dedicando un piccolo spazio alla mia squadra del cuore,

il Cagliari. L’anno scorso, di questi tempi, mi rivolgevo alla squadra implorando di credere in una salvezza quasi impossibile.

I ragazzi ci hanno regalato una seconda parte di stagione memorabile, guidati da un grande mister e soprattutto un grande uomo,

Davide Ballardini.





Quest’anno, malgrado un pessimo inizio, la squadra ha imboccato

i binari giusti. Guidati da un allenatore giovane, ma preparato,

come Massimiliano Allegri, stiamo navigando in acque tranquille.

Il gioco c’è, il mister mi sembra sereno ed equilibrato, il presidente

se sta buono e calmo gliene siamo grati, ci sono i presupposti

per una salvezza tranquilla.


Dunque resta un messaggio da lanciare ai miei idoli: sono orgoglioso di voi, ma non abbassate mai la guardia! Continuate così’, prima ci salviamo

e meglio è!!!




Grazie a Voi per la pazienza di avere letto questo papiro, vi auguro ancora buon 2009 di cuore, e continuate a seguirmi!