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mercoledì 25 marzo 2009

Recensione - Blade Runner



Genere: fantascienza


Regista: Ridley Scott


USA/Hong Kong 1982



Il poliziotto Deckard, ex agente dell'unità speciale Blade Runner, viene richiamato

in servizio per svolgere un compito che solo lui può portare a termine: dovrà dare la caccia

a quattro pericolosi replicanti.

Questa esperienza segnerà la sua vita.








Anche questo classico è in archivio. Sia chiaro: non basterà neppure un’altra visione per trovare una risposta ai miei interrogativi, ma già

la “prima volta” basta e avanza per appagare le mie aspettative.

Anche se queste sono state tradite. Tradite? Sì, tradite.

Perché io mi aspettavo un film di fantascienza. E mi sbagliavo.

Questo BR è molto di più.





BR è un film romantico. Deckard viene messo alla prova con Rachel.

Si tratta di un nuovo tipo di androide, una macchina con una memoria,

un passato. Questa particolarità la rende in grado di avvicinarsi a provare delle emozioni. Deckard sa svolgere egregiamente il suo mestiere,

quello di cacciatore di androidi, e scopre quasi subito la vera natura

dell'affascinante Rachel.





Tuttavia… questa volta qualcosa in lui scatta. Rachel ha qualcosa in più rispetto agli androidi che ha incontrato in passato.

La sua reazione di fronte alla consapevolezza di non essere umana è…

decisamente umana. Deckard per la prima volta in vita sua vacilla.

La sua indifferenza, la sua glaciale freddezza nei confronti di un androide

viene scalfita dall’emotività di quella creatura.


Tra i due scatta l’attrazione. E’ proprio Deckard, così distante e riluttante all’inizio, a compiere il primo passo. E sarà lui, il cacciatore di androidi,

a prendere idealmente per mano Rachel e accompagnarla “là fuori”,

tra mille insidie e minacce. Sembra quasi la trama di un noir.





BR è un film riflessivo. Uno dei temi centrali è la Vita.

E, di riflesso, la paura della morte.


E’ notevole come le riflessioni prendano spunto da esseri che di umano non hanno nulla, gli androidi. Il gruppo di macchine ribelli, capitanato

da Roy Batty, compie diversi omicidi, eppure è difficile nutrire disprezzo

e odio nei loro confronti. In fondo la loro è una battaglia per la vita.

Perché, va detto, le loro “batterie” durano soltanto quattro anni.

Un arco di tempo necessario per assaggiare appena cosa significhi vivere.

Questo li accosta molto agli umani: da sempre siamo costantemente

alla ricerca di miglioramenti per le nostre condizioni di vita.

Questi androidi, dunque, non sono per nulla diversi da noi.





BR è un film premonitore. Ci mostra una società multirazziale.

Los Angeles è popolata da diverse etnie, non dimentichiamoci gli androidi. E’ un film che ci parla del “diverso”, di quello che non conosciamo,

o che forse conosciamo poco e superficialmente: magari è proprio

quell’individuo tanto temuto a insegnarci qualcosa.

L’atmosfera è resa opprimente dalla pioggia battente, dalla nebbia:

BR ci mostra una società oppressa dal grigiore, dal mal di vivere.





Vi sfido: trovate una persona veramente felice in questo film.





BR è, non dimentichiamolo, un ottimo film di fantascienza.

La Los Angeles che Scott ci presenta è un misto tra antico e ultramoderno. Alcuni paesaggi mostrati durante le scene “aeree” lasciano a bocca aperta.





BR è un film “lento”. Mi aspettavo più azione, ma questo film va decisamente oltre. E poi il suo scopo, pensandoci bene, non è strabiliare con gli effetti speciali o le scene impregnate di adrenalina, no, queste sono la parte meno importante e significativa del prodotto.


Il suo senso, come abbiamo visto prima, va ben oltre gli inseguimenti

e le sparatorie.

Temo di non averne ancora carpito l’intera essenza, penso che una visione sola non basti. Anche perché il finale semina un indizio a riguardo

del nostro protagonista, indizio che ho raccolto ma non elaborato

a sufficienza. Ci vuole attenzione. Anzi, qualcosa di più.





Manca ancora qualcosa alla mia recensione… è inevitabile un cenno

alla scena CULT di questo film. Non si può fare finta di niente.

Io ne ho visto cose…”. Godetevela. E correte a recuperare questo film.

Ne vale assolutamente la pena.





PS: il film è ispirato al romanzo “Do Androids Dream of Electric Sheep?

di Philip Kindred Dick.






Blade Runner appartiene a quel filone della fantascienza "seria",

forte di contenuti ideologici e filosofici.

E' un film amaro, alla prima visione se ne esce intrisi di sensazioni torbide ed indefinite, e con qualche domanda in più.

E' l'arte a distinguere Blade Runner dal marasma di film che ne hanno tratto ispirazione. Semplicemente l'arte di saper creare.



Cinemorfina.net




In una cupissima e sinistra Los Angeles del futuro, sferzata costantemente dalla pioggia e dove il sole sembra non battere mai, Deckard inizia

le sue indagini, che lo portano nei ghetti più malfamati della città,

ormai popolata solo da personaggi bizzarri in cerca di una disperata sopravvivenza, in un mondo ipertecnologico ma allo stesso tempo disfatto che sembra aver inghiottito ogni rimasuglio di umanità.


.....


Indimenticabili le sequenze aeree iniziali su una Los Angeles notturna

e agghiacciante nella sua cupezza, sferzata da macchine volanti

e sullo sfondo illuminate da sinistri sfiatatoi infuocati: una metropoli

in cui accanto ad immensi cartelloni pubblicitari, che campeggiano rumorosi su indifferenti cittadini occupando intere facciate di grattacieli, convivono ghetti suburbani in disfacimento, dove la tecnologia sembra essere stata solo autrice di corruzione fisica e mentale (basti pensare

al personaggio di Sebastian, ingegnere di grande importanza ridotto

a fenomeno da baraccone da una rara malattia e costretto a vivere

in un intero edificio deserto e abbandonato insieme a sinistri

robot-giocattoli da lui stesso costruiti che gli tengono compagnia).


Un'ambientazione in cui Scott non concede nulla all'umanità:

tutto è caos e confusione, o deserto e abbandono, mentre Deckard attraversa una strada di mercato popolata da gente di ogni razza

che cicaleggia, si ritrova poco dopo nel suo appartamento, attraversato

da ombre e cangiante, un posto dove regna anche lì il dubbio

e l'incertezza, dove poter stare in solitudine e scoprire, forse, in un mondo che priva di certezze, di non conoscere nemmeno la propria identità

o quella di chi lo circonda.


……


Non vedere questo film significherebbe perdersi un tassello fondamentale

della cinematografia contemporanea.



Filmscoop.it




Blade Runner ha rappresentato una rivoluzione per il moderno cinema di fantascienza. Invece di avventure spaziali sprizzanti spirito dei pionieri, questa pellicola ci offre un mondo degradato, dove la poesia combatte per rimanere in vita.


.....


Come moderni Luciferi gli androidi, capitanati da Roy Batty, cercano

il loro creatore, gelosi di essere stati spodestati nel suo cuore dalla genia che infesta la morente Terra e lo spazio circostante. Vogliono un'anima, vogliono i sentimenti, vogliono che la loro esistenza non si perda

nella pioggia, ma che assuma un significato, che ne rimanga un ricordo, che non venga cancellata con la facilità con cui si schiaccia un moscerino.


Ma come gli angeli ribelli saranno scacciati all'Inferno.

Non da loro padre, ma dal tempo effimero che li rende così speciali. Perché è proprio il breve lasso di tempo che hanno a disposizione

a fargli vivere ogni esperienza con più partecipazione, con più slancio,

con più amore della vita stesso. La candela che spetta loro è corta,

ma la bruciano da entrambe le parti.


.....


Un grande capolavoro degli anni '80 e del cinema eterno.



Movieplayer.it




Voto Finale: 10 e lode



Scheda dell’IMDb

giovedì 12 marzo 2009

Recensione - La sedia del Diavolo



Attenzione: alcuni dei contenuti
di questa pagina potrebbero disturbare
la sensibilità di chi legge.



Titolo originale: The Devil’s Chair


Genere: horror

(molto splatter)


Regista: Adam Mason


UK 2006



Nick e la sua ragazza Sammy si recano in un manicomio abbandonato

per lasciarsi andare alle più bizzarre fantasie erotiche.

All’improvviso una strana sedia

prende vita e tortura Sammy,

fino a farla scomparire nel nulla. Nick è indiziato di omicidio

e viene rinchiuso per quattro anni in un ospedale psichiatrico.

Un illustre professore e un gruppo di studenti gli darà la possibilità

di tornare in libertà a una condizione: ritornare sul luogo del misfatto

e risolvere il mistero di quella sedia.









Quando ho visto il trailer sono rimasto a bocca aperta.

Avete presente il colpo di fulmine? Più o meno è andata così.

Ho atteso con impazienza questo film e ora sono riuscito a vederlo.


Come da abitudine prima di scrivere la recensione faccio un giro nella rete a leggere diverse recensioni: c’è parecchia difformità nei giudizi,

certo questo non è un film perfetto, ma… scusatemi ma meglio mettere subito le cose in chiaro: a me è piaciuto troppo.

Cercherò comunque di presentare una recensione lucida e obiettiva,

che non tenga troppo conto dell’entusiasmo scaturito dalla visione

di questo spettacolo di film (mi assumo la responsabilità delle mie parole).



Procediamo con la trama.


Nick e Sammy si recano in un vecchio manicomio abbandonato.

Il loro scopo è uno solo: fare sesso. Per la serie “famolo strano”.

Una sedia al centro di una stanza vuota sembra un ottimo giocattolo fetish. Purtroppo per Sammy, che si è seduta sopra, la sedia si anima:

la ragazza viene imprigionata, sottoposta a brutali torture e.....

puf, scompare nel nulla.






Logico che Nick sia indiziato di omicidio. Nessuno gli crede, così viene internato in un manicomio. Per quattro anni, fino a quando il prof. Willard si interessa del suo caso, e decide di offrirgli una possibilità:

tornare ad essere libero. In cambio dovrà accompagnare il prof,

la sua assistente e due studenti sul luogo del misfatto. Nick è riluttante,

ma non ha altra scelta.






La sedia è li, pronta ad aspettarli. Trattasi di uno strumento progettato

dal precedente direttore del manicomio, capace di trasportare la persona

in un’altra dimensione. Prenderà di nuovo vita, catapulterà i nostri protagonisti in un incubo dove a tenere loro compagnia ci sarà

un simpatico demone, alto due metri e tentacolato.






Con la trama possiamo chiudere qui.


Allora, che dire?


Come storia non è certamente innovativa: un gruppo di persone

si introduce in un luogo misterioso per scoprire “la verità”.

Ma questo non è assolutamente un problema.





Il film gioca con lo spettatore. In particolare Nick, il protagonista.

Vi ricordate Funny Games, quando uno degli aguzzini si rivolge

verso il pubblico? Ecco, Nick fa altrettanto. Questo atteggiamento

può infastidire i puristi dell’horror, quelli che amano gli horror “seri”,

non lo metto in discussione. A me non ha disturbato più di tanto.

Mi ha strappato pure qualche risata.





Va ammesso però che alcuni suoi commenti possono apparire fuori luogo. Ad esempio quando vengono introdotti i personaggi

che lo accompagneranno nella sua avventura il regista concede loro un primo piano, fermo immagine e in sottofondo sentiamo i pensieri di Nick. Quali pensieri? Eccoli qui sotto.



Dr. Willard & Melissa “Eccoci qua. Gandalf. Una troia. Questo ha la faccia da pedofilo”.


Rachel: “Prima impressione: “fottimi”; prima missione: tirarla fuori

da quel vestito; prima erezione in quattro anni”.


Brett: “Prima impressione: ah, è arrivato lo stronzo. E' un perdente,

si vede lontano un miglio”.






E’ logico che in un horror maturo, come questo dà l’impressione di essere, questo umorismo diciamo “cafone” può stonare. Ma questo non è

un horror serio, ecco il punto! Pure le recitazioni degli studenti appaiono

un po’ calcate, da macchiette comiche. Direte: come attori sono dei cani.

Io rispondo di no. Perché no? Il finale spiega tutto.





Durante la visione del film, soprattutto una volta che i nostri sono entrati nell’altra dimensione, mi chiedevo dove il regista andasse a parare. Arrivati ad un certo punto “non ci si capisce più niente”.

I nostri cominciano a comportarsi in modo stupido, sciocco.

Ma solo per un attimo. Perché la SPIEGAZIONE a tutto sta per arrivare. Cos’è successo realmente? Il demone, la dimensione oscura esistono,

sono concreti, tangibili o pura finzione? Lo sapremo.







Solo che… effettivamente la “soluzione dell’enigma” è la più scontata

e banale possibile. E’ realistica e assolutamente credibile, però…

ecco l’unica critica che mi sento di fare al regista.






Il finale segna uno “spartiacque” del film. Mi spiego meglio.

Nella prima, lunga parte, si respira un’atmosfera malsana, violenta, sadica, disturbante: lo splatter NON E’ fine a sé stesso, è assolutamente in sintonia con le scene, con lo svolgimento della narrazione.

I minuti finali, invece, mi sembrano un ottimo pretesto per mostrare

una mattanza della quale probabilmente non se ne sentiva il bisogno.


Magari le mie parole non saranno molto chiare, senza entrare

nello specifico purtroppo non so quanto la mia critica possa sembrare comprensibile, però non me la sento di rivelarvi il finale.






Guardatevi il film che è meglio. Secondo me ne vale la pena.

Solamente per le ambientazioni e per la fotografia. E non dimentichiamo

il demone. Gli appassionati del gore troveranno pane per i loro denti.

Un film, vale la pena ricordarlo, assolutamente diverso da Broken,

diretto dallo stesso Mason in coppia con Simon Boyes.

Probabilmente più ambizioso.





Secondo me il talento c’è. Ripeto: il più grande punto debole di questo film è lo spirito larger than life che sicuramente non convincerà buona parte degli spettatori, ai quali sembrerà una buffonata, quasi una parodia

di un horror; per giustificare questa scelta dico che il finale spiega tutto, ovvero quello che vediamo, quello che sentiamo non è altro che.....

no, stavolta niente spoiler.





Probabilmente con un atteggiamento più "maturo" questo film avrebbe riscosso più consensi… ma in fin dei conti cosa importa, a me è piaciuto! Mi sembra di avere scritto una recensione appassionata ma pure obiettiva, onesta, ora però lasciatemi dare il voto che mi viene spontaneo dal cuore.



Voto Finale: 10 (lo so, è esagerato, ma concedetemelo…

solo per il trailer… fichissimo…)



Scheda dell'IMDb