(maxi splatter)
Regista: Pascal Laugier
Francia 2008
Tenuta prigioniera per un anno
da misteriosi aguzzini, durante il quale viene sottoposta a brutali violenze fisiche e psicologiche, Lucie riesce
a fuggire.
Verrà curata in un istituto dove stringerà amicizia con Anna.
Passati quindici anni è in cerca
di vendetta, e sembra avere trovato
chi le ha fatto del male.....
La gente non ha più intenzione di soffrire.
Il mondo è fatto in questo modo,
ci sono soltanto vittime.
I martiri sono molto rari.
Un martire, sì, è un’altra cosa.
Un martire è un essere eccezionale,
sopravvive alla sofferenza,
sopravvive alla privazione di tutto.
Lo si carica dei mali della terra e si abbandona, trascende, capisce questa parola, si trasfigura...
Difficile recensire un film di questo tipo. Un anno fa mi ero addentrato nell’horror meno conosciuto, apprezzando particolarmente il cinema d’oltralpe, mi vengono in mente opere tipo Alta Tensione, Calvaire,
À l’intérieur (film che per una notte mi ha fatto dormire male), Them,
e immagino pure Frontièr(s), sul quale mi sono informato parecchio
(che mi manca ma recupererò prima o poi). Film cattivi e disturbanti.
Ma qui siamo su un altro livello, tocchiamo vette di malvagità, perversione e sadismo quasi inaudite.
Mi trovo in difficoltà innanzitutto perché questo film nasconde
una sorpresa dentro l’altra, come una matrioska.
Mi spiego meglio: non è UN solo film, difatti durante l’ora e trenta minuti di pellicola assistiamo a diversi capovolgimenti di fronte che danno vita
a diverse "sottotrame".
All’inizio c’è una ragazzina che corre disperata. Sta fuggendo da chissà quale orrore. Si chiama Lucie. Per un anno ha subito maltrattamenti
di ogni genere, ma quello che conta è che è riuscita ad evadere.
Verrà ricoverata in un istituto, dove farà amicizia con Anna, che diverrà per lei un’inseparabile amica, quasi una sorella.
Sono passati quindici anni. Entra in scena una famiglia qualsiasi.
La loro serenità verrà spezzata dalla furia di Lucie.
Si intuisce che il capofamiglia ha più di qualche responsabilità
nel triste passato della ragazza.
La ragazza è emotivamente instabile, il suo passato la perseguita sotto forma di visioni: c’è l’agghiacciante spettro di una donna che la tormenta. Era una sua compagna di prigionia. Anche in questa tragica situazione Anna è al suo fianco, malgrado l’aggressività e le frequenti crisi
di autolesionismo di Lucie mettano a dura prova il loro legame.
Diciamo che dopo 40/50 minuti il film potrebbe concludersi. Mi chiedevo cosa potesse tirare fuori il regista per “riempire” i restanti 30/40 minuti.
Bene, ora deve essere chiara una cosa: la violenza della prima parte non è nulla in confronto a quello che sta per essere mostrato sullo schermo.
E qui si manifesta un paradosso. La prima parte del film è molto
più splatter della seconda, eppure i 50 minuti successivi riescono
in una difficile impresa, VIOLENTARE PSICOLOGICAMENTE
lo spettatore. La serie di torture (più psicologiche che fisiche a mio avviso,
anche se la violenza non manca) alle quali dovremo assistere non possono
lasciare indifferenti.
Penso sia sbagliato associare questo film ai vari Hostel, Saw & company. La violenza c’è ed è esagerata, tuttavia c’è un qualcosa dietro.
Almeno questa è la mia sensazione, condivisa da chi ha apprezzato
questo film o comunque da chi ha cercato di andare oltre alle immagini.
Ora a mente fredda mi pongo la domanda: questo Martyrs ha davvero qualcosa in più rispetto ai “filmetti” citati poc’anzi, oppure è uno splatter-movie qualsiasi mascherato egregiamente (e furbescamente)
da horror di qualità? Bella domanda. La risposta più vera e sincera
penso possa darla solo il regista.
Quando si guarda un film del genere bisogna farsi un esame di coscienza, chiedersi “perché l’ho guardato?”. Sapevo benissimo a cosa andavo incontro (o meglio, mi ero fatto un’idea, anche se non pensavo potesse sconvolgermi così tanto). Così come quando ho recuperato, tanto per fare qualche nome, Cannibal Holocaust, o Imprint, e così via.
Dal mio punto di vista i due film citati in precedenza hanno più contenuto, o meglio più critica sociale. Questo Martyrs accenna solo qualche dibattito, di sicuro rivolge uno sguardo poco amichevole alla borghesia, però non mi sembra che voglia parlarci di qualche tema in particolare.
Sì, nella seconda parte abbiamo a che fare con una domanda che da sempre l’uomo si pone: “c’è qualcosa dopo la morte?”, però non credo questo
sia un film il cui primo fine sia la riflessione. Credo che l’obiettivo
del regista sia stato creare un horror con le palle, un film che facesse
voltare dall’altra parte dello schermo anche gli horrormaniaci più tosti.
Ammetto che con il sottoscritto c’è andato davvero vicino.
A questo punto un’ulteriore domanda da porre alla mia coscienza è:
perché ho visto questo film? Risposta: perché ho letto che è un horror
"come si deve", e "si dice" che una volta visto sia difficile dimenticarlo. Avevano ragione.
Cos’ha di particolare Martyrs? Perché è stato definito da molti addetti
ai lavori un "Signor Horror", uno dei migliori degli ultimi anni, un prodotto destinato a diventare un capostipite del genere e tracciare un solco
per quelli che saranno gli anni a venire?
Altro quesito che richiede una profonda analisi.
Al di là della violenza quasi estrema penso che il punto di forza di Martyrs sia il malsano rapporto che crea con lo spettatore.
L’inizio, se ci pensiamo bene, dà un barlume di speranza.
Lucie è fuggita dai suoi aguzzini, per lei potrebbe iniziare una nuova vita,
ma non sarà così. Per quanto la sua vendetta sia atroce è difficile
non provare empatia nei confronti suoi e di Anna, sempre al suo fianco.
Il rapporto tra le due commuove. Alcune scene, adeguatamente accompagnate da un sottofondo musicale che si innesta alla perfezione
con le immagini, rischiano di strappare una lacrima. Davvero toccanti.
Merito delle due strepitose attrici, che donano disperazione
(nel caso di Lucie) e umanità (nel caso di Anna) alle due sventurate protagoniste del film.
Una volta che lo spettatore, malgrado tutto, si è affezionato
alle due ragazze… il peggio sta per arrivare. Ecco il Martirio del titolo.
Che non riguarda solo le protagoniste, ma anche lo spettatore.
Mi viene in mente la scena di Arancia Meccanica dove Alex viene obbligato a guardare immagini violente: assistiamo impotenti al massacro di una creatura umana, imprigionata come un animale, sottoposta
a violenze ingiustificate, spogliata di TUTTO (chi ha visto il film sa a cosa
mi riferisco quando parlo di tutto…).
La voglia di lasciare perdere e guardarsi un film allegro piuttosto che andare a letto (anche se dormire serenamente dopo la visione di Martyrs è impresa ardua) è notevole, ma è anche viva la curiosità (mai come
in questo caso) malsana e morbosa di sapere come andrà a finire.
Ecco un altro paradosso: siamo martiri, ma allo stesso tempo complici
delle atrocità viste sullo schermo.
Il finale è devastante, lascia il segno. E’ un finale molto furbo, diciamoci
la verità, perché non dà una risposta. Va anche dato atto al regista di avere percorso la scelta più giusta (e comoda): la domanda che i torturatori
delle sventurate protagoniste si pongono non avrà mai risposta.
Esporsi era troppo rischioso, meglio “rimanere nel dubbio”.
Guardare Martyrs è come salire sull’ottovolante dell’Orrore.
Sali, le cinture sono bene strette, ti chiedi se non era meglio
lasciare perdere, te la stai facendo addosso, vorresti scendere ma oramai
il viaggio è iniziato, troppo tardi, spiacente, la giostra è partita e volente
o nolente il giro avrà termine. Anzi no. Finito un giro sulle montagne russe c’è la possibilità di essersi divertiti.
Dopo un film del genere la percezione della violenza non sarà più la stessa.
Martyrs fa provare diverse sensazioni: ansia, ribrezzo, commozione, umanità, disgusto, impotenza: è un vortice di emozioni che ti scombussola il cervello, ti scrolla, e mette a dura prova le coronarie.
Si rimane con una sensazione di stordimento, ti fa sentire sporco dentro,
ti chiedi il perché di tutto quello, ti chiedi se questo è l’horror che fa per te, se non è quasi meglio un Hostel qualsiasi, meno impegnativo
ma meno disturbante, ma una cosa è certa: questo film ha un obiettivo, sconvolgere, e il regista nel mettere in piedi la sua opera ha rasentato
(se non raggiunto) la perfezione. Chapeau.
Un po’ A’ l’intérieur, un po’ Funny Games, un po’ Hellraiser,
un po’ Imprint, un po’ horror asiatico, un pò Rosemary's Baby,
Martyrs è un film che ha fatto, fa e farà discutere.
Un prodotto adatto a poche persone, solo a un pubblico CONSAPEVOLE che abbia voglia di salire sulla giostra dell’Orrore e, una volta sceso, rendersi conto di avere percorso un viaggio indimenticabile, nel bene (dato che è un film che sicuramente emerge - egregiamente- dalla massa,
e non si scorda facilmente) e nel male (non mi meraviglierei se finita
la visione qualcuno pensasse “no, questo non è l’horror che fa per me”,
e lo capirei benissimo).
Voto Finale: obiettivo centrato nel migliore dei modi, dunque 10 e lode.
(Anche se mai come in questo caso mi sono sentito in difficoltà nel dare
un giudizio, visto che questo film mi ha colpito davvero e difficilmente
lo rivedrò una seconda volta. A ore, giorni, settimane dalla visione
non riesco ancora a capire se mi è piaciuto o meno.)
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