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giovedì 6 settembre 2007

Recensione: Audition



Titolo originale: Odishon

Genere: horror/thriller/drammatico
(medio splatter)

Regista: Takashi Miike

Giappone 2000



Un ricco vedovo su consiglio del figlio decide di risposarsi. Con l'aiuto di un amico che lavora nel mondo del cinema metterà in scena un'audizione: troverà una ragazza, gentile, timida ed educata, forse anche troppo…





Eccoci a parlare di un altro film orientale, però stavolta (lasciatemi dire finalmente!) non discutiamo di fantasmi rancorosi, ma di un thriller psicologico diretto dal maestro Takashi Miike.
Perché definisca maestro questo autore basti dire che è regista di cult horror ultra-splatter quali
Ichi the Killer e Imprint, per citare quelli che conosco (non li ho visti, ma godono di grande fama tra gli horrormaniaci) e, avendo letto la sua biografia, devo riconoscere che è un autore di talento in grado di affrontare diversi temi e argomenti, spaziando in generi action (film sulla yakuza), fantasy e cinema per famiglie (incredibile ma vero).

Parliamo quindi di un bravo regista, che a mio avviso esprime al meglio le sue doti nel genere horror. Perché? Perché è anche un pazzo sanguinario. Posso farvi un esempio? Prendiamo Old Boy (di Park Chan-wook), più precisamente la scena della tortura dei denti. Mentre il nostro protagonista Dae-su sta per estrarre il primo dente del malcapitato, il regista cambia inquadratura lasciando all'immaginazione dello spettatore l'impietosa operazione: ebbene, Takashi Miike non farebbe altro che indugiare sulla scena, eccedendo nei particolari, stravolgendo lo spettatore colpendolo direttamente nello stomaco.

Non crediate però di avere a che fare con un macellaio, non fraintendetemi, anzi, è un autore che affronta con eleganza e raffinatezza temi delicati quali, ad esempio, la solitudine, come nel film che sto per recensire.

Audition è un film "d'autore", un film apparentemente lento, che potrebbe annoiare lo spettatore medio e superficiale, ma è un film ben fatto, che ci presenta la solitaria e malinconica figura del vedovo in cerca di una nuova compagna.

Ancora una volta affrontiamo il problema della solitudine: anche una società ipertecnologica e moderna come quella giapponese accusa una carenza di sentimenti affettivi (e forse questo problema sta arrivando - o è già arrivato - nella nostra società). Miike lo tratta con raffinatezza: nella prima parte (forse un pò troppo lunga, forse) che potrebbe far sembrare il film un "drammone", ci presenta la figura (direi positiva) del protagonista, triste e solo, per il quale è inevitabile provare compassione e simpatia allo stesso tempo, e introduce in seguito la ragazza dall'aspetto gentile e dall'animo buono e carico di malinconia, per la quale non è possibile non provare un sentimento di compassione viste le torture subite da piccola.

Il genio di Miike lo intuiamo soprattutto nella seconda parte del film, un parte breve rispetto alla prima ma che senza dubbio sconvolge lo spettatore e lo lascia stordito.

Il pregio del film è a mio avviso l’ambiguo finale: non capiamo se le scene forti alle quali abbiamo assistito (la tortura con il filo spinato è folle/geniale/malata, la trovata del sacco é a dir poco inquietante) sono frutto dell'immaginazione del nostro protagonista, forse convinto di avere conquistato la ragazza in modo disonesto (una finta audizione), o forse è la realtà; non si capisce se la riservata ragazza è una maniaca possessiva o se è solo l'incubo del protagonista, capiamo solo che è una ragazza sfortunata, che ha sofferto molto per colpa della cattiveria degli uomini che ha incontrato. O forse (preso dal rimorso) il nostro vedovo ha solo avuto a che fare con il fantasma della moglie deceduta??? Questi sono gli interrogativi rimasti dopo la visione della pellicola, non so la vostra impressione, probabilmente è un film che va guardato più volte.

Ripeto, soprattutto la seconda "allucinogena" parte è qualcosa di impressionante a livello visivo, e le torture (sia fisiche sia psicologiche) subite dal protagonista (ammesso siano vere e non allucinazioni) colpiscono e coinvolgono non poco lo spettatore.

Un film davvero fuori dagli schemi, con un finale "fai da te": ognuno ha la sua impressione, e nessuno può dire di avere ragione, ogni tesi o supposizione può essere valida.


Voto Finale: 9


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