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venerdì 12 ottobre 2007

Pillole dal fumetto "300"



La mia passione per 300 è sempre più viva… ieri sera ho visto il film finalmente in DVD (rigorosamente edizione disco doppio): cosa dire, secondo me è una delle storie più belle che siano mai state raccontate al cinema.

E’ passato oramai (ahimé) un anno da quando avevo visto per la prima volta il trailer… è stato subito colpo di fulmine. Ho immediatamente cercato informazioni sul web, e sono rimasto sbalordito di fronte alla bellezza delle immagini e alla profondità della storia.

Ho immediatamente comprato il fumetto di Frank Miller: l’ho letto e riletto migliaia di volte, in attesa del film…

Sul film non serve dilungarmi, c’è la recensione (un po’ di parte, ma comunque onesta).
Voglio qui omaggiare il capolavoro di Frank Miller riportando le frasi più significative del fumetto. Buona lettura.




L’esercito persiano è talmente imponente che quando marcia fa tremare la terra.

Ora vuole schiacciare la Grecia, un’isola di ragione e di libertà
in un mare di misticismo e tirannia.

L’unica barriera tra la Grecia e questa ondata di devastazione
è un piccolo distaccamento di soli trecento guerrieri.

Ma questi non sono semplici uomini…

sono SPARTANI!



Delio: Freddo, ecco che aveva. Freddo. E fame. Era la sua iniziazione. Da solo nella foresta. Sarebbe tornato da spartano… o non sarebbe tornato.
E così il ragazzo, dato per morto… tornò e fu re.


Delio: Dormiamo. Il re è solo con i suoi pensieri. Solo, con il peso di un mondo intero sulle spalle. Sono passati più di quarant’anni dall’episodio del lupo e di quel gelido inverno. Ora, come allora, non è la paura a dominarlo. No. E’ l’irrequietezza, una più acuta percezione delle cose. Le rocce sotto i suoi piedi. La brezza salata. Il russare e il respiro lieve dei trecento ragazzi a lui affidati… tutti pronti a morire per lui senza esitazione, fino all’ultimo.
Pronti a morire, riflette Leonida.
Pensano di sapere cosa significhi.


Delio: E’ irrequieto, frustrato. I suoi cinquant’anni sono stati una strada che ha portato diritto a questo splendido momento voluto dal destino… a questo raggiante scontro di scudi e lance e di spade e ossa e di carne e di sangue. Ma mancano ancora giorni. E anche se conduce i suoi preziosi trecento a una morte certa… il suo unico rimpianto è poterne sacrificare così pochi. Ogni spartano, uomo o donna, dovrebbe partecipare a questa gloria, alla vittoria che sarebbe stata ottenuta, se re Leonida non fosse stato tanto ostacolato.


Gorgo: Spartano!
Leonida: Sì, mia signora?
G: Torna col tuo scudo… o sopra di esso.
L: Sì, mia signora.


Delio: “Addio amore mio”. Non lo dice. Non c’è posto per la tenerezza. Non a Sparta. Non c’è posto per la debolezza. Solo i duri e i forti possono definirsi spartani. Solo i duri. Solo i forti.
Una donna forte. Un’ottima moglie. Ma per lui, ora, è solo un ricordo.
Non la rivedrà mai più.
Non rivedrà mai più Sparta.


Capitano: Un terremoto!
Leonida: No, capitano, non è un terremoto. Ai posti di battaglia!


Delio: Una belva feroce si avvicina…pregustando il suo pasto. Un’armata tanto imponente che quando marcia fa tremare la terra. Un esercito di una vastità inimmaginabile pronto a divorare le Grecia… a soffocare l’unica speranza di ragione e giustizia che abbia il mondo


Delio: Con i cuori uniti in un canto muto… attacchiamo. Spalla a spalla, scudo contro scudo… Con gli occhi fissi su quelli dei nostri odiati nemici, assaporando il oro crescente terrore… colpiamo. Uniti, fusi come una sola creatura… indivisibili, impenetrabili, inarrestabili… incalziamo.
I persiani boccheggiano e farfugliano e urlano e inciampano e cadono e precipitano. I loro cervelli macchiano la pietra salmastra, i polmoni aspirano il mare mortale, salato. Noi spartani ridiamo come impazziti, e incalziamo ancora.
Nessun prigioniero.
Nessuna pietà.
Per gli dei, che splendido inizio.
Cento nazioni calano su di noi. Belve del deserto, che ringhiano, ruggiscono. I barbari urlano. Gli eserciti di tutta l’Asia… che hanno giurato di schiacciare le impertinenti polis greche… di rendere schiavi i soli uomini liberi che il mondo abbia mai conosciuto.
Il combattimento non vede interruzioni. Non c’è un istante per alleggerirci dei nostri scudi o cercare sollievo dal bronzo dei nostri elmi ardenti come la brace. Non c’è una possibilità di riprender fiato. Non c’è il tempo per far rallentare i nostri cuori.
Saremmo preoccupati per il nostro re, se solo riuscissimo a stargli dietro…
Come un oceano infuriato che scaglia un’ondata dopo l’altra contro una scogliera inamovibile… i persiani cadono ad ogni avanzata.
Facciamo ciò per cui siamo stati addestrati.
Per cui siamo cresciuti.
Per cui siamo nati.
Nessun prigioniero.
Nessuna pietà.
Che splendido inizio.


Leonida: Fammi indovinare. Tu devi essere Serse.
Serse: Leonida, discutiamo insieme. Sarebbe un deplorevole spreco, sarebbe pura follia, se tu e le tue truppe valorose moriste solo a causa di un semplice, evitabilissimo fraintendimento.
L: Non preoccuparti per noi. Non ci siamo mai divertiti tanto.
S: Parole coraggiose. Parole spartane. La tua è una tribù affascinante. Le nostre culture potrebbero condividere tante di quelle cose.
L: Abbiamo condiviso la nostra cultura tutta la mattina.
S: Basta con il sarcasmo. Voi greci andate orgogliosi della vostra logica. Ti suggerisco di utilizzarla. Immagina la splendida terra che difendete con tanto vigore. Immaginala ridotta in cenere. Pensa al fato delle vostre donne.
L: Non conosci le nostre donne. A giudicare da quanto ho visto, sarebbero potute venire qui anche loro. Tu hai molti uomini, Serse, ma pochi soldati. E tra non molto, loro temeranno le mie lance molto più della tua frusta.
S: Non è la frusta che temono. E’ il mio potere divino. Ma io sono un dio generoso. Posso renderti ricco oltre ogni limite. Posso nominarti generale di tutta la Grecia. Farti portare il mio stendardo di battaglia nel cuore dell’Europa. Gli ateniesi tuoi rivali si inginocchieranno ai tuoi piedi, se tu ti inginocchierai ai miei.
L: E’ una grande offerta. Sarei un pazzo a rifiutarla. Ma inginocchiarmi… purtroppo, mentre sterminavo i tuoi schiavi mi è venuto un brutto crampo alla gamba. Credo proprio che rifiuterò.
S: Mi rattristi. La mia generosità è pari alla mia ira. Cancellerò persino il ricordo di Sparta dalle cronache. Non ci sarà gloria alcuna nel vostro sacrificio. Nessuno verrà mai a saperlo.
L: Lo sapranno. Guardati alle spalle. I tuoi uomini mi sembrano nervosi.


Delio: Il re riesce appena a contenersi. La sorte è propizia! Serse ha tradito un difetto fatale: la hubris.
La superbia.
Si crede un dio.
La superbia. Rende ogni uomo stupido. Facile da provocare. Facile da ingannare.
Prenderà l’esca. La prenderà.


Delio: Marciano muniti nella loro figura impeccabile. I loro passi collettivi mossi perfettamente all’unisono percuotono la terra come il martello del dio del fuoco. La guardia reale di Serse. L’élite guerriera persiana. L’armata più letale di tutta l’Asia.
Gli Immortali.
Ora, mentre siamo ancora freschi e all’apice delle nostre forze, prima che ferite e stanchezza abbiano la meglio, il re pazzo ci scaglia contro quanto ha di meglio.
Serse ha preso l’esca. E la trappola è scattata.


… Gli Immortali. Mettiamo a dura prova a il loro nome…


Trionfo. La vittoria è nostra. I temibili Immortali rientrano nei loro accampamenti come cani bastonati e ogni persiano li vede. E ora chi oserà inviare Serse? Quali delle sue legioni avrà l’ardire di affrontare gli spartani? Persino il re si concede di sperare in qualcosa di più della gloria. Una speranza talmente stupida, ma è là.
Contro le sterminate orde dell’Asia, contro ogni possibilità, possiamo farcela. Possiamo tenere le Termopili.
Possiamo vincere.
… Schioccano le fruste. I barbari urlano. Nelle retrovie gridano “Avanti!”. In prima linea gridano “Indietro!”.
Cento nazioni calano su di noi. Gli eserciti di tutta l’Asia.
In questo stretto corridoio, il loro numero non vale a niente.
Cadono ad ogni avanzata. Re Serse è scontento. Rimprovera i suoi generali. Spedisce mostri provenienti dall’altra metà del mondo. Ma sono bestie stupide, goffe. E i mucchi di cadaveri persiani sono scivolosi.
Il giorno si trascina. Perdiamo pochi uomini. Ma ogni spartano abbattuto è un caro amico o un amato congiunto. Sentendo il rantolo di suo figlio prima di morire, il capitano rompe le righe. E’ stravolto. Ha sete di sangue. Ci vogliono tre uomini per fermarlo.
La vittoria è nostra.
Nessuno canta.


Serse (al traditore Efialte): Sono generoso. Il crudele Leonida ti ha chiesto di stare ritto in piedi. Io ordino solo che ti inginocchi.


Daxos: Leonida! E’ la fine! E’ la fine, ti dico! Saremo sconfitti! Un gobbo traditore ha guidato gli Immortali di Serse sul sentiero nascosto dietro di noi! I focesi che hai messo laggiù sono fuggiti senza combattere! La battaglia è finita, Leonida! Prima di mattina, gli Immortali ci circonderanno, le Termopili cadranno!
Leonida: La battaglia sarà finita quando lo deciderò io, Daxos. Spartani! Preparatevi alla gloria!
D: La gloria?! Sei impazzito? La gloria è perduta, ormai! Restano solo la ritirata o la resa o la morte!
L: Per noi la scelta è facile, arcade! Gli spartani non si ritirano! Gli spartani non si arrendono! Ora và, diffondi la notizia! Che tutti i greci qui riuniti conoscano la verità. Che ciascuno di loro guardi nella sua anima, mentre tu guarderai nella tua!
D: Maledetto. Maledetto. Buona fortuna, Leonida. E addio.
Leonida: Piccoli miei, venite. Gli dei sono con noi. Domani accenderemo un fuoco che brucerà nel cuore degli uomini liberi per tutti i secoli a venire. Nessuna ritirate. Nessuna resa. Questa è la legge spartana. E secondo la legge spartana, noi ci batteremo e moriremo. La legge. Noi non sacrifichiamo la legge alla volontà e al capriccio degli uomini. Queste erano tradizioni antiche. Tradizioni tristi e stupide. Quelle di Serse e dei suoi simili. E’ iniziata una nuova era. L’era delle grandi imprese. L’era della ragione. L’era della giustizia. L’era della legge. E tutti sapranno che trecento spartani hanno esalato l’ultimo respiro per difenderla.
Stelio: Siamo con voi, sire. Fino alla morte.
L: Non ve l’ho chiesto. La democrazia è per gli ateniesi, ragazzo.
S: Sì, mio sire.


Delio: … ma… ma, sire… io sto bene. Sono pronto a combattere.
Leonida: E’ vero. Ma tu possiedi un talento che non ha nessun altro spartano. Tu riferirai i miei ultimi ordini al consiglio, con brio e con calore, e farai in modo che ogni greco sappia quello che è successo qui. Tu racconterai una grande storia. La storia di una vittoria.
D: Una vittoria?... Sì, mio signore. Sire… avete qualche messaggio…
L: … per la regina? Niente che vada detto a voce.


Delio: Un pugno di uomini resta. Migliaia che vanno via. Solo uno si guarda indietro. Solo Delio.


Leonida: Spartani. Preparate una colazione abbondante… perché stasera ceneremo nell’Ade!


Efialte: Laggiù. Quelli là non vi daranno grane. Non sono spartani. E’ solo qualche tespiano sbandato. Mostrate le vostre lance e fuggiranno come i focesi di prima. Non serve ucciderli. No… non serve… … no… … non c’è ragione…


Delio: Coraggiosi tespiani. Coraggiosi principianti. Fanno del loro meglio. Le loro urla tristi echeggiano in cima alle colline… e negli abissi dell’anima infelice di un mostro.


Delio: L’elmo lo soffoca. Lo scudo è pesante. L’elmo lo soffocava. E lui deve vedere lontano. Il suo scudo era pesante. Lo sbilanciava. E il suo bersaglio era distante…
… Gli antichi dicono che noi spartani discendiamo da Eracle in persona. Il prode Leonida testimonia la nostra discendenza. Il suo urlo è protratto e fragoroso e pieno di risate. Fissando la morte dritto negli occhi, Leonida ride.


Leonida: Regina mia. Moglie mia. Amore mio. Sii forte. Addio.


Se un’anima libera dovesse mai incrociare questo luogo… in tutti gli innumerevoli secoli a venire… che le nostre voci ti giungano da pietre senza età. Và, o passeggero, narra a Sparta… che noi qui morimmo in obbedienza alle sue leggi.


Delio: E così morì il mio re. E così morirono i miei fratelli. Neanche un anno fa. A lungo ho riflettuto sulle criptiche parole del mio sovrano a proposito della vittoria. Il tempo gli ha dato ragione. Tutti i greci liberi sanno che il prode Leonida e i suoi trecento hanno dato la vita non solo per Sparta, ma per tutta la Grecia… e per la speranza che rappresenta il nostro paese. Il nostro paese. La nostra nazione. Ora ispirati, unificati, abbiamo messo da parte le rivalità del passato e congiunto le forze per cacciare l’invasore dalle nostre sponde. Dalle nostre sponde e dai nostri mari. Nelle acque di Salamina, la supremazia degli ateniesi in mare ha permesso alla flotta greca di sgominare la flotta persiana! E ora qui, su questo roccioso e frastagliato scampolo di Grecia chiamato Platea, le orde di Serse affrontano la disfatta! I barbari si stringono l’un l’altro. Il terrore serra i loro cuori con dita di ghiaccio, sapendo cosa hanno subito per mano dei trecento, Scrutano questa pianura in direzione dei diecimila spartani al comando di trentamila greci liberi! Il nemico ci supera solo di tre misere volte. Ottime probabilità per ogni greco. Oggi, salveremo un mondo da tradizioni vecchie, antiquate, stupide… e daremo inizio a un futuro più luminoso di quanto possiamo immaginare. Soldati, ringraziate Leonida e i suoi impavidi trecento… e preparatevi alla guerra! Parte l’ordine. Suonano i flauti.

Attacchiamo… per la vittoria.


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