Titolo originale: The Texas Chainsaw Massacre
Genere: horror
(medio splatter)
Regista: Tobe Hooper
USA 1974
Un gruppo di ragazzi in viaggio lungo
l’America del Sud si trova nel mirino di una famiglia di cannibali.
Una trama semplice, lineare, che tiene volutamente alla larga cervellotiche soluzioni o particolari misteri da svelare.
Non aprite quella porta è come un giro sul tunnel dell'orrore
dei luna park: paghiamo il biglietto per provare terrore e disgusto,
poco ci importa di sapere il come o il perchè.
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Non aprite quella porta è una delle pietre miliari della cinematografia horror. Mi sono avvicinato a questo film con aspettative un po’ esagerate: nell’immediato sono rimasto un pochino deluso, perciò ho deciso
di aspettare qualche giorno per scrivere una recensione “a mente fredda”. Ripensandoci bene mi ha fatto lo stesso effetto de L’Esorcista:
lì per lì ho avuto qualche perplessità, ma nella mia analisi “a caldo”
post-visione non ho tenuto conto dell’età della pellicola e del talento
geniale del regista.
I primi minuti sono notevoli. Hooper ci mostra una macabra scultura composta da resti umani: devastante. Le scene iniziali introducono
lo spettatore in una realtà perversa, malata, folle.
Questa è l’America rurale: qui non ci sono metropoli affollate, grattacieli, suoni di clacson, persone che corrono al posto di lavoro.
Questo è territorio sconsacrato, terra di nessuno, dove ad ogni angolo
si può nascondere un’insidia. Se ne accorgeranno a loro spese
i nostri protagonisti.
Sono in viaggio per una tranquilla vacanza, quando decidono di fermarsi
in una vecchia casa abbandonata, dove alcuni di loro avevano trascorso l’infanzia. Lì vicino una famiglia di cannibali li aspetta.
Il film è lento. I dialoghi e le recitazioni sono banali, scontate,
e decisamente poco coinvolgenti. In alcuni frangenti irritanti.
L’atmosfera si ravviva quando i cinque decidono di dare un passaggio
a un’autostoppista. Una persona tutt’altro che equilibrata.
Il giovane, dopo avere aggredito uno dei nostri, viene ovviamente scaricato senza troppe buone maniere. Ma l’incubo non è finito.
Giunti nel vecchio mattatoio gestito dai nonni, i nostri hanno bisogno
di fare rifornimento di benzina. Lì vicino c’è una casa, sembrerebbe abitata. E purtroppo per loro, è così.
All’interno si nasconde un energumeno, che preleva con la forza
i nostri malcapitati e li porta in una sorta di stanza-mattatoio.
Per loro è l’inizio di un incubo, i più fortunati… moriranno per primi.
Il film è pieno di tempi morti. Considerato il ritmo sostenuto degli horror moderni, di primo acchito questo sembrerebbe un punto debole.
Non è proprio così. Certo, mi aspettavo più ritmo, eppure in fin dei conti
la lentezza quasi ipnotizza lo spettatore, lo paralizza alla sedia, lo angoscia,
lo infastidisce. Hooper (questo è secondo me il vero punto forte del film)
non indugia nel mostrare in primissimo piano particolari più raccapriccianti, come ad esempio la marea di ossa in una stanza
nella casa degli orrori, oppure i volti dei nostri protagonisti terrorizzati.
A dire la verità non c’è molto splatter, solo l’essenziale.
Mi aspettavo qualche litro in più di emoglobina, ma anche questo se ci pensiamo bene non è un difetto così grande. Quello che conta è l’atmosfera malata, malsana. Che raggiunge il culmine nella scena della cena.
Certo, a qualche spettatore (anzi, a più di qualcuno) strapperà un sorriso (come è successo a me) da quanto è grottesca, ma ripensandoci a mente fredda ho cercato di fare un salto temporale indietro di 30 anni
per rendermi conto di quanto fosse disturbanti quei minuti.
E, in fin dei conti, di quanto li siano ancora adesso.
Questo film ci regala un boogeyman leggendario: Leatherace, alias
faccia di cuoio, con la sua inseparabile motosega. La scena conclusiva, ovvero questo bestione che si agita e dimena brandendo il fedele
“attrezzo di lavoro” urlando impazzito al tramonto, è leggendaria.
Non aprite quella porta è un film rozzo, ma anche questo più che
un limite si può trasformare in un merito del regista: con un budget ridottissimo ha creato un’opera che ha lasciato un segno indelebile
nella cinematografia horror.
Voto finale: 10 (un pò esagerato, ma come si può dare di meno
a un film epocale?)
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