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martedì 22 gennaio 2008

Recensione: A Bittersweet Life



Titolo originale: Dalkomhan Insaeng


Genere: thriller


Regista: Kim Jee-Woon


Corea del Sud 2005



Sun-Woo gestisce magistralmente
un hotel, ed è l’uomo di fiducia
del malavitoso Kang.
Questi gli chiede di pedinare
la sua fidanzata, e di ucciderla
qualora lei si dimostri infedele.
Scoperto il tradimento della ragazza Sun-Woo non riesce a ucciderla, tradendo per la prima volta la fiducia del suo capo.
La punizione del boss sarà dura. Altrettanto spietata sarà la vendetta

di Sun-Woo.









Kang, il Boss: “Puoi far bene mille cose, ma basta un solo errore
per mandare a puttane anni di lavoro



Una notte d’autunno il discepolo si svegliò piangendo.
Il maestro vedendolo gli domandò: “Hai avuto un incubo?
No
Hai fatto un sogno triste?
No maestro - rispose il discepolo - ho fatto un sogno bellissimo
E allora perché stai piangendo?
E il discepolo, asciugandosi le lacrime, disse: “
Perché so che il sogno
che ho fatto non potrà avverarsi. Mai





Mi era bastato vedere il trailer per capire che mi sarei innamorato
di questo film.


A Bittersweet Life, è evidente, è debitore dei lavori di Tarantino
e di Park Chan-Wook.
Il primo lo conoscete tutti. Non so se dire la stessa cosa del secondo.
Comunque se volete saperne di più vi invito calorosamente a leggere le mie appassionate recensioni delle pellicole della Trilogia della Vendetta: Mr. Vendetta - Sympathy for Mr. Vengeance, Old Boy
e Lady Vendetta - Sympathy for Lady Vengeance.


Se A Bittersweet Life fosse uscito prima di Pulp Fiction e Old Boy (non me ne vogliano gli altri due lavori di Park, ma OB è geniale)
i critici starebbero parlando di un capolavoro assoluto.
Ma questa in fondo non è una colpa, non mi sembra giusto accusare
Kim Jee-Woon di poca originalità come ha fatto qualche recensore,
liquidando tiepidamente questo film come un prodotto fotocopia di altri.
Il regista attinge sì dai registi citati precedentemente, ma lo fa

alla grande.


Quello che risalta subito è l’eleganza,
la raffinatezza, l’estetica, le musiche:
la bellezza di alcune scene
(il percorso iniziale nell’hotel, i viaggi
in auto nella notte, l’inquadratura
degli ombrelli dall’alto durante l’incessante pioggia che bagna

il protagonista di fronte ai suoi carnefici, il combattimento con i tizzoni ardenti) vale la visione.


In aBL non c’è la volontà o la presunzione di innovare alcunché, solo raccontare
nel migliore dei modi una storia,
utilizzando personaggi stereotipati
(il protagonista in bilico tra bene/male,
il boss, la pupa, i vecchi amici che voltano le spalle), colori, musiche, mischiando thriller e melodramma.


Questo è un prodotto largen than life,
molto sopra le righe. Così come alcune recitazioni. Ottime le interpretazioni del boss, dell’ex “collega” che punisce Sun-Woo
e prende il suo posto, del figlio del boss,
del trafficante di armi e dei suoi goffi scagnozzi.
Le loro interpretazioni stonerebbero in un film “serio” come Il Padrino, ma in un contesto simile rendono alla grande.


Il regista non approfondisce più di tanto
le personalità dei protagonisti.
Ma questo non è un punto debole. Perché in fondo non serve.
Sun-Woo è piatto. La sua personalità si evolve man mano che il film
si sviluppa.






All’inizio tutto è in ordine. Tutto fila liscio. Poi c’è il tradimento.
E la conseguente punizione. Infine la vendetta.


Vi sembra banale?


Se pensate di sì, sentite questa. Sapete cosa diceva Sergio Leone
quando parlava del capolavoro Per un pugno di dollari?
Il personaggio interpretato da Clint Eastwood non è altro che una sorta
di Arlecchino, scaltro doppiogiochista al servizio di due padroni.
Non voglio che nessuno dica che aBL è un film banale, vi prego!


Proprio per tornare ai film del nostro compianto regista, non posso non notare piacevoli similitudini: ritroviamo

le inquadrature "di una volta",

i classici primi piani degli amati

spaghetti western, e le musiche che accentuano e sottolineano i duelli.
Per non parlare delle sparatorie.
La scena finale è un piacere per gli occhi, per le orecchie e per il cuore.


Il leggendario duello di “Per un pugno di dollari” vi piaceva?
La cruenta battaglia finale di “Scarface vi piaceva?
Bene, allora vi piacerà pure il finale di questo film.


Qualcuno obietterà a proposito

dei minuti finali, sostenendo come tutto ciò sia poco credibile. Ma cosa importa, in fondo, dico io, la credibilità!?!
Non stiamo parlando di una storia vera, “ispirata a fatti realmente accaduti”, frase spesso abusata.

Questa è una favola, un sogno, un film che deve molto al mondo
dei manga, con un eroe solitario che con le proprie forze deve vedersela contro decine di avversari.


Già, il nostro eroe. Non ho ancora detto molto su di lui. Provvedo subito.


Sun-Woo è impeccabile, distinto, preciso, efficace, capace.
Un tutt’uno con l’hotel che gestisce.
Il compito che il capo gli affida
è in fondo semplice, per uno come lui abituato a ben altre faccende.
Ma di fronte al tradimento della ragazza per la prima volta Sun-Woo deciderà
di non rispettare gli ordini.
Il suo gesto di umanità (come per Tony Montana) sarà la sua rovina.
Ma Sun-Woo è un osso duro, e i suoi numerosi nemici troveranno pane
per i loro denti.


La sua è una metamorfosi: rigido, freddo, impeccabile e distaccato
nelle scene iniziali, nel finale mostra i segni di un’esperienza indelebile,
ferito sia fisicamente sia nell’animo, dopo avere scoperto la bellezza
dell’amore, che non ha mai assaggiato, e la vigliaccheria di alcune persone.






Il film si può dividere in due parti.


La prima ci presenta la vita
del protagonista, la sua freddezza,
la sua estraneità ai sentimenti.
Non è vero che è la parte più debole,
non sono d’accordo con chi critica.
E’ necessaria, perché ci fa capire che Sun-Woo è una macchina, un uomo
di ghiaccio, un uomo che non ha mai provato un sentimento, un uomo che per la prima volta in vita sua, grazie alle lacrime della ragazza, capisce di avere un cuore, e conosce la pietà. Come dice una bella frase nella cover del DVD, per Sun-Woo la ragazza diventerà “il suo pensiero e il suo dolore più dolce”.


In fondo questo film è anche una dolce storia d’amore.
Una storia d’amore un po’ particolare,

per la precisione. Perché Sun-Woo,

dopo avere scoperto il tradimento, minacciato e risparmiato la ragazza,
non la rivedrà mai più.
Un amore quindi solo sussurrato. Del resto non ha nemmeno molto tempo per pensare a lei, troppo preso dalla furia vendicatrice.


E qui parliamo della seconda parte.
Spettacolare è dire poco.
La punizione ricevuta è dura, severa.


Ciononostante il nostro eroe riesce
a sopravvivere, e a mettere in atto
una spietata vendetta.
Non basteranno chiavi inglesi giganti, calci, pugni, coltellate e spari
per fermarlo. Il nostro Sun-Woo è divenuto una macchina di morte.


Una seconda parte molto violenta, feroce, alleggerita ogni tanto
da qualche spruzzata di umorismo grottesco (a mio avviso efficace,
a parere di qualcun altro meno).


Il finale, come detto prima, ricorda Leone e De Palma per la spettacolarità: sanguinario ed esagerato, regala emozioni uniche.
Il nostro eroe, stremato,
rivolge ancora un pensiero alla ragazza, così da farci capire che quei pochi minuti che ha trascorso con lei
sono stati unici, indimenticabili:
per tornare alla parabola del saggio e del discepolo che piange,
Sun-Woo ha capito che una vita d’amore per lui non può rimanere
che un sogno, mentre la realtà è ben altra cosa.


Gli ultimi 20 secondi rimettono però in discussione tutto.
Non vado oltre.
Non mi sento di dirvi di più di quanto non vi abbia già detto,
perchè ognuno può farsi un’idea diversa, la conclusione della storia
può assumere diversi significati a seconda dello spettatore.







Ecco un'altra recensione interessante (firmata Priscilla Caporro):



A Bittersweet Life non lascia lo spettatore deluso semplicemente perché

gli occhi del pubblico vengono soddisfatti da immagini “esaustive”:

il ritmo è incalzante sebbene composto da processi prevedibili, il succedersi

delle sequenze è calibrato con un equilibrio meticoloso, volto a non portare mai

ad un eccessiva saturazione la scena.
Dal racconto razionale di un improvviso cambio di rotta, prende forma un film che senza eccessive pretese riesce a tenere in piedi un lungometraggio in cui

lo sguardo, senza troppi “ma” o “se”, può smarrirsi nell’elegante frastuono malavitoso di un’affascinante Corea del crimine”.



Serve altro?



PS: nel retro del DVD aBL è considerato un “film per tutti”. Bah...
Adesso qualcuno mi deve spiegare come fa questo film ad essere accessibile a tutti mentre
Christine - La macchina infernale
di Carpenter è vietato ai minori di 14 anni.
Pure
300 è un film per tutti...
Vabbè che la Tv ci satura di immagini violente, però…




Voto Finale:
10 e lodeee!!!



Scheda dell'IMDb


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