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venerdì 8 agosto 2008

Recensione: Distretto 13 - Le Brigate della Morte



Titolo Originale: Assault on Precinct 13


Genere: azione


Regista: John Carpenter


Stati Uniti 1976



Una stazione di polizia in disarmo alla periferia di Los Angeles
è presa d’assedio da una banda di criminali.
Un poliziotto, un galeotto e una donna dovranno respingere l’attacco.







Sinceramente tra i film di Carpenter questo era uno di quelli
che mi interessava di meno. Il vecchio John, è risaputo, è un celebre maestro dell’orrore, e mi chiedevo cosa ci azzeccasse con un action movie.
Qualche recensione sulla rete però mi ha decisamente invogliato a vederlo (una su tutte quella di Deneil). E ho fatto bene.

L’inizio del film si focalizza su diversi personaggi, le cui vicende
si incroceranno nel prosieguo della pellicola.




Conosciamo il neo-tenente Ethan Bishop.
Tre condannati a morte e il poliziotto incaricato di sorvegliarli, Starker.
Il signor Lawson Richards e la figlioletta Kathy.
Le impiegate della stazione di polizia, Leigh e Julie.
Personaggi che non hanno niente in comune, ma che si ritroveranno
ad affrontare fianco a fianco un agguerrito nemico: una banda
di delinquenti (un esercito più che una banda…).




Uno dei tre condannati sta male. E’ necessaria una sosta per curarlo.
Il Distretto 13 è l’ideale: un medico e via. Ma il medico non c’è.
Bisogna aspettare. Ma non c’è tempo per aspettare. L’assedio è scattato.



Perché l’assedio? I componenti della banda sono legati da un rito vodoo, legami di sangue, gente strana (e soprattutto pericolosa!).




Cosa vogliono? Vendetta. All’inizio del film sei componenti della banda vengono uccisi dalla polizia. Ma a gettare benzina sul fuoco è l’omicidio
di un altro componente da parte del signor Richards.
Si dia il caso che la figlia venga brutalmente assassinata senza alcun motivo dalla banda, e così accecato dalla rabbia decide di mettersi sulle loro tracce per la meritata vendetta. Riuscirà a uccidere il killer della figlia ma,
preso dal panico e sotto shock, si rifugerà nella stazione di polizia.


Le strade dei vari personaggi si sono ora incrociate.
Che lo spettacolo abbia inizio.


D13 è una metafora della vita. Non c’è solo il bianco e nero,
ma diverse sfumature. Basti pensare che l’eroe del film è un galeotto
condannato alla pena di morte.




Anche un innocuo padre di famiglia può trasformarsi in uno spietato killer.
I tutori dell’ordine non sono poi così ligi ai propri doveri.


D13 è un film realista. A volte sono i buoni a pagare per i mali del mondo. Basti pensare alla scena dell’omicidio della bambina, la scena
più drammatica (e una delle più efficaci) del film. Di una crudeltà inaudita.




Carpenter dice che quando in ballo c’è la vita le leggi che regolano
la convivenza crollano. Il tenente Bishop infatti decide di liberare (momentaneamente) i pericolosi prigionieri perché senza il loro aiuto
la sconfitta sarebbe certa.




Julie si chiede il perché difendere a tutti i costi il signor Richards
dalla banda assetata di vendetta.


D13 è un film per certi versi “malinconico”: tra Wilson e Leigh si crea un’affinità che però è destinata a accendersi e spegnersi nel giro
di poche ore (“io sono nato fuori tempo”).




D13 è un film pessimista: basti pensare alla scena finale


-> OCCHIO allo SPOILER


-> (Wilson, l’eroe del film, non sfuggirà al suo destino).



D13 è un classico film d’assedio, tema tipico dei film di zombie romeriani. C’è più di una similitudine tra i misteriosi guerriglieri che assediano
la stazione e i morti viventi di Romero.




D13 è più che ispirato a Un dollaro d’onore, di Howard Hawks,
(l’ho visto, ma troppo tempo fa). In effetti sa molto di western,
un western metropolitano (come dice Deneil).




D13 ci regala diversi personaggi interessanti: il poliziotto Starker,
il tenente Bishop, la segretaria-amazzone Leigh, ma lasciatemi applaudire
il mitico “Napoleone” Wilson.




D13 è un film DIVERTENTE, pur non essendo un prodotto di puro intrattenimento. Dico divertente perché non ci sono punti morti
e l’attenzione dello spettatore è sempre sollecitata.


Insomma, D13 è CULT
(e la colonna sonora - a cura di Carpenter - è DA URLO).





Voto Finale: 10 e lode

(forse ho un po’ esagerato, ma non riesco a dargli di meno,
se fossi obiettivo non potrei comunque dare meno di 8)




Scheda dell'IMDb





4 commenti:

Unknown ha detto...

Come ti ho già scritto, a me Carpenter piace tantissimo. E Distretto 13 (così secco e senza fronzoli) è tra i miei preferiti.
Volevo solo aggiungere una cosa: più lo ascolto e più John mi pare grande anche come autore di colonne sonore. Pensa a questa, a tutto Vampires, ai titoli di testa di FANTASMI DA MARTE...
Un saluto da Luciano e Idefix
(Mi sa che stasera insisto con mia mkoglie per rivedere Distretto)

Deneil ha detto...

capolavoro!
bello bello bello...non aggiungo altro se non un enorme grazie per le citazioni!

Marco83 ha detto...

x Luciano: giusto, oltre che un grande regista è pure un validissimo compositore... un genio insomma!

x Deneil: le citazioni sono doverose, è anche merito tuo se mi sono avvicinato a questo film che sinora avevo ignorato

Anonimo ha detto...

Bussisotto:

Su Carpenter non si discute mai!
:o)))
vabbè, forse esagero, però D13 è un film che mi ha acchiappato alla grande!
Bella regia e, come al solito, ottima recensione!!
Bussy è tornato!!