
Auguro a tutti i lettori, da quelli fedelissimi al lettore
di passaggio, un sereno e felice Natale e spero che il 2009
sia carico di gioie e soddisfazioni!!!
Arrivederci… all’anno prossimo!!!
Titolo originale: Dead on Night - Deathdream
Genere: horror
(poco splatter)
Regista: Bob Clark
USA 1974
La famiglia Brooks è sconvolta da una tragica notizia: Andy,
il figlio maschio, è morto in guerra.
Inspiegabilmente una sera il giovane rientra a casa.
Ma non sembra più lui…
Questo film è un horror solo in teoria. Lasciate perdere lo zombi/vampiro.
Lasciate perdere lo splatter. Questo non è un horror.
La morte dietro alla porta è un (bel) film di riflessione sociale.
Il dramma della guerra. L’ipocrisia nelle famiglie. Ecco gli argomenti trattati da Bob Clark in questo interessante lungometraggio.
Andy è un giovane soldato che muore in guerra. A casa c’è la famiglia
ad aspettarlo. Charles, un papà un po’ rude nei modi, Christine, la mamma protettiva, e la sorella Kathy. Vivono, come comprensibile, nell’angoscia. Il papà e la sorella cercano di pensarci il meno possibile, non è così
per la mamma che pensa in continuazione al figlio, non fa altro che parlare di lui, come se fosse ancora lì, con loro.
Una sera suonano della porta. E i nostri ricevono la lettera
che mai avrebbero voluto ricevere. Andy è morto.
Anzi no.
Qualcuno si è introdotto in casa, si pensa a un ladro: i nostri scoprono
con logico stupore ed incontenibile entusiasmo che Andy non è morto,
è vivo e vegeto è, cosa importantissima, è tornato a casa.
Ma non è il solito Andy. Il suo comportamento è inquietante.
E’ indifferente a tutto. Non esprime alcuna emozione, solo una glaciale indifferenza. E un’aggressività sempre più preoccupante:
uccide senza alcun motivo il cagnolino che amava tanto.
Nel frattempo un camionista che ha dato un passaggio a un soldato
è stato barbaramente ucciso, e la polizia indaga. Andy c’entra qualcosa? Un dottore amico di famiglia nutre dei sospetti sul ragazzo, e pure lui
viene assassinato.
Da quello che ho detto magari questo può sembrare un film
con un buon ritmo. Non è così. La morte dietro la porta è lento.
Ma questo non è necessariamente un difetto.
Dal momento che Andy torna a casa, e la sua personalità è mutata,
il regista pone l’attenzione sulle dinamiche familiari.
La mamma, iperprotettiva, copre tutte le sue malefatte.
Il papà, passato l’entusiasmo iniziale, nutre dei dubbi sulla salute mentale del ragazzo.
La sorella è in balia dei litigi dei genitori.
Marito e moglie non perdono occasione per rinfacciarsi i reciproci errori: passata la “festa” (il ritorno di Andy) dove tutti hanno indossato
sorrisi ipocriti, i rancori vengono a galla, la maschera di felicità crolla.
C’è pure un’altra chiave di lettura: la guerra cambia. Andy torna a casa,
ma non è più lui. L’esperienza lo ha segnato, così come segna molti soldati
che una volta tornati dalla guerra non riescono a dimenticare gli orrori visti e reinserirsi nella società, nella quotidianità di una vita normale.
Il film dunque scorre lentamente, ci sono dei momenti di tensione
ed angoscia quando Andy è in azione, il clima di pessimismo e malinconia regna e sfocia in un finale drammatico, molto toccante.
La morte dietro la porta è un film sempre di attualità,
un horror intelligente, che spero umilmente di contribuire
a “pubblicizzare” con la mia recensione.
Vi segnalo una bella recensione dal sito di AlexVisani.com.
Voto Finale: 9
Titolo originale: Henry – Portrait of
a Serial Killer
Genere: horror/thriller
(medio splatter)
Regista: John McNaughton
USA 1986
Spaccati di vita quotidiana di un feroce serial killer.
Quanto tempo fa ho visto per la prima volta questo film? Troppo.
Eppure in tutti questi anni mi sono portato dentro alcune cose.
Penso innanzitutto all’“originalità” del film. Originale perché è un film "insolito". Come riuscire a spiegarlo in modo semplice e chiaro?
Questo lungometraggio non ha una trama vera e propria, è uno spaccato
di vita. Non c’è un inizio, non c’è una fine.
Poi mi ricordavo di Otis. Uno dei personaggi più spregevoli mai visti
sullo schermo.
E infine… la scena conclusiva... Indimenticabile.
Mi è capitata l’occasione di rivederlo (con maggiore "esperienza")
e non mi sono lasciato sfuggire l’occasione.
Questo è un film tosto. Crudo. Duro. Non lascia nessuna porta aperta
(ma proprio nessuna) all’ottimismo. E’ un racconto di ordinaria follia, disperazione, depravazione. Una disperata testimonianza di infanzie bruciate, perdute, rovinate. Si può quasi considerare un documentario sulla vita di questo ferocissimo serial killer e sulle persone
che lo incontreranno (poveretti) nel loro cammino.
Henry è un mostro. Totalmente fuori controllo. La sua sete di sangue
lo spinge ad uccidere, soprattutto donne. Minato da un’infanzia disastrata vaga senza meta alla ricerca di prede.
Henry vive in uno squallido appartamento insieme a Otis.
Si sono conosciuti in galera, e tra questi due reietti della società si è creato un buon rapporto di amicizia. Henry accompagnerà Otis in un mondo
fatto di barbara violenza. Ma Otis non è freddo come Henry e si lascerà prendere la mano.
Nel frattempo la sorella di Otis, Becky,chiede ospitalità al fratello.
Lei è l’unico personaggio positivo del film. Anche lei minata da un’infanzia tragica, fatta di violenze e soprusi, tenta di rimettere insieme i cocci
di una vita a pezzi. Ci riuscirà?
Forse lei è l’unica donna che può portare Henry sulla retta via… forse…
Non serve aggiungere altro. Questo non è un film destinato
al grande pubblico. Un po’ perché, come ho detto prima, non segue
i canoni convenzionali del cinema: conosciamo un personaggio,
seguiamo le sue vicende e… non sapremo come va a finire.
Non c’è un finale per Henry, probabilmente continuerà a uccidere.
HPds, lo ribadisco, è cattivo. Non c’è molto splatter (anche se una scena
è di sicuro effetto). Nelle scene iniziali il regista mostra i corpi delle vittime del killer mentre in sottofondo si odono le urla disperate della lotta
che queste persone hanno intrapreso (e perso) con Henry.
Ma non è il tasso di em0globina che disturba in questo film, bensì la ferocia del killer, il suo modus operandi. E’ una scheggia impazzita, agisce come
in preda a un istinto al quale non può sottrarsi. Eppure non si direbbe:
il suo comportamento con Otis, Becky, il suo capo di lavoro è quello
di un uomo qualunque, il classico “insospettabile”.
Non è uno stupido: in una scena ad esempio insegna ad Otis
come continuare a uccidere senza farsi mai beccare.
Paradossalmente Henry confronto a Otis è un campione di buone maniere. Otis è uno dei personaggi più viscidi, squallidi, abominevoli della storia
del cinema. Da questi due individui non può uscire niente di buono.
La famiglia presa in ostaggio e trucidata è una delle scene più atroci,
ma a pensarci bene tutti i minuti di questa pellicola sono intrisi di malsana violenza. Anche senza ettolitri di emoglobina il regista raggiunge in pieno
il suo obiettivo: infastidire. Disgustare. Si provare un senso di ribrezzo,
di amaro in bocca. Di impotenza. Nessuno può fermare questo mostro
(la polizia è totalmente assente, forse questo è l’unico “difetto” del film).
McNaughton non “giudica” l’operato del serial killer, è "imparziale":
ad esempio ne La Casa del Diavolo si è quasi portati a tifare
per i personaggi partoriti da Rob Zombie, malgrado la loro malvagità;
non accade in questo caso. Lo spettatore assiste impotente allo scempio
che il nostro compie: nessuno può fermarlo.
Il finale? Un vero pugno nello stomaco.
Fantastici gli attori: Michael Rooker nei panni del gelido Henry,
Tracy Arnold nei panni della triste Becky, e un fantastico Tom Towles:
difficile scordarsi di Otis.
Questo è un film da vedere assolutamente. Probabilmente non accessibile a tutti, ma penso che sia tappa obbligata per chi adora i film sui serial killer e l’horror in generale.
PS: il film è ispirato alle gesta di Henry Lee Lucas
Voto Finale: 10 e lode