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domenica 30 settembre 2007

Recensione: Masters of Horror - Jenifer (Dario Argento)



Genere: horror
(molto splatter)

Regista: Dario Argento

Stati Uniti 2005


J
enifer è una ragazza particolare: il suo corpo è splendido e sensuale, ma il suo volto è sfigurato e mostruoso. Frank, un poliziotto, le salva la vita: tra i due si instaurerà un rapporto morboso che andrà al di là delle atrocità compiute dalla ragazza, e per l'uomo sarà l’inizio della fine...





Finalmente è arrivata in Italia la serie televisiva Masters of Horrors, ideata nel 2005 da Mick Garris, che ha visto la partecipazione di alcuni tra i migliori registi horror della storia del cinema (forse ho esagerato un pò...).

Il primo di questi episodi è diretto dal maestro italiano del brivido (uno dei tanti, mi permetto di aggiungere, non dimentichiamo Fulci, Bava Senior e Junior, Soavi, Deodato, D'Amato...) Dario Argento, il regista di pellicole di culto quali Profondo Rosso, Suspiria, Inferno. Ho purtroppo visto solo la prima, e per di più qualche annetto fa; inoltre delle sue ultime (criticate) opere ho visto (in parte) Il Cartaio. Devo quindi dare fede alle varie opinioni che ho letto sulla rete e giungo ad una conclusione: il Maestro è in crisi. Questo è ciò che addetti ai lavori e non sostengono all’unanimità.

Dopo essermi adeguatamente informato, dato che Argento lo conoscevo più per la fama che per le sue opere (ma dovrò colmare prima o poi questa lacuna), mi sono avvicinato a Jenifer con curiosità e ottimismo. E ne sono uscito con un po’ d’amaro in bocca. Perché la storia della ragazza sfigurata che nessuno vuole è triste e malinconica (e le musiche splendide toccano al cuore dello spettatore), e la sua mostruosità non è solo esteriore ma ahimé (povero il poliziotto Frank) anche interiore...

Ma i difetti superano i pregi.

Primo: quando ho visto la scena iniziale, avevo già capito come sarebbe andata a finire (ho scommesso con mio papà che seguiva il film con me, e ho vinto). Questo non perché io sia un genio, non perché abbia doti premonitrici, non perché abbia letto su internet la trama del film... forse perché ho già visto qualcosa di simile, e il tutto mi risuonava familiare... ma questo è un difetto da poco, rispetto alle altre pecche...

Secondo: le scene splatter. Sono sì ben fatte, però... dopo la prima volta suonano ripetitive, perché è la stessa scena ripetuta con vittime diverse... eppoi non c’è un minimo di tensione, perché intuiamo il pericolo... tutto troppo facile, il protagonista Frank si avvicina camminando lentamente alla porta... e scopre Jenifer intenta a mangiare. Che cosa? Fate uno sforzo d'immaginazione...

Terzo: le numerose (e ripetitive, come le scene splatter) scene di sesso. Una, due, tre... eccheppalle!!! L'abbiamo capito che tra i due protagonisti di instaura un rapporto morboso e malsano... non serve sbattercelo in faccia ogni cinque minuti!

Quarto, e forse più importante motivo: la credibilità. Come, penserete, recensisci film dove parli di mostri, vampiri, zombi e parli di credibilità??? Sì, perché sta nella bravura del regista rendere questi scenari credibili allo spettatore.
Tolta la parte "immaginaria", il contorno deve essere credibile.
Volete un esempio??? Vi svelo qualche parte del film (che dura un'oretta), quindi se non l'avete visto lasciate perdere.


.....

Sicuri? Allora vediamo un pò... voi portate a casa una sconosciuta (con un corpo da playmate ma deforme, badate bene), questa si pappa il vostro gatto e... fate finta di niente (e intanto la famiglia - giustamente, aggiungo io - fa le valigie), poi si pappa la vostra vicina di casa e... niente, come se nulla fosse, e, nonostante tutto, ci andate a letto. Ma per favore!!!
E poi il protagonista lascia il lavoro in quattro e quattr'otto e se ne va in uno sperduto paesino in cerca di un lavoretto che possa permettergli di mantenere lui e la sua (affamata) compagna... e la famiglia che fine fa??? Non lo cerca nessuno???
Queste sono a mio avviso le incongruenze più gravi, che unite ad un finale prevedibile, portano a giudicare negativamente il film.

.....


Forse non bastava un'ora a sviluppare bene le idee del regista...

Comunque, in conclusione, gli do una sufficienza (stiracchiata, di stima) perché se dal punto vista critico il prodotto è insufficiente, intrattiene lo spettatore meno esperto di horror (garantendo qualche balzo sulla sedia), e pure gli horromaniaci potrebbero trovarlo piacevole (ma nessun balzo, ahimé).

Piacevole. Ma niente di più. Purtroppo.

Comunque se vi capitasse Jenifer sotto mano dategli un'occhiata. Ma non aspettatevi qualcosa di profondo e radicale come i suoi vecchi lavori.


Voto Finale: 6

Masters of Horror: il sito ufficiale della serie

Scheda dell'IMDb

venerdì 28 settembre 2007

Recensione: The Godfather 1902-1959: The Complete Epic


Genere: thriller drammatico

Regista: Francis Ford Coppola

Stati Uniti 1977


Sessant'anni di storia della famiglia mafiosa Corleone, passando per i due boss: Vito, il capofamiglia, e Michael, il figlio che erediterà l'impero...









Strani scherzi del destino: proprio nella settimana nella quale ho scoperto l'epico film di Leone, C'era una volta in America, avevo l'opportunità, per la terza volta, di rivedere il mitico The Godfather 1902-1959: The Complete Epic, ovvero la versione "smontata" e ordinata cronologicamente de Il Padrino Parte Prima (1972) e Il Padrino Parte Seconda (1974).
E credevo che la saga "fosse tutta qui"... invece mi manca ancora la terza parte (vista poco tempo fa: tra qualche settimana pubblicherò la recensione).

Cosa dire di questo filmone (dura la bellezza di 420 minuti, 7 ore, ma, credetemi sulla parola, non annoia MAI)... forse nessun altra opera è mai riuscita a delineare personaggi così credibili e dotati di spessore: la vita di una famiglia mafiosa, dalle umili origini del fondatore all'ascesa, ai momenti difficili della successione, con sfondo sessant'anni di storia americana... Ecco il bello di questo film. Perché sembra proprio "vita vera": la storia dei personaggi non è a sé stante dalla realtà, ma è influenzata dai tempi, dai cambiamenti socio/politici/economici/culturali, e persino il business della criminalità si evolve (l'entrata in scena della droga).

Innanzitutto due parole sugli attori protagonisti. Un cast stellare, non c'é dubbio. A differenza del capolavoro di Leone, che si concentra su due personaggi, Noodles e Max, questo film è più corale, e ogni segmento della pellicola ha i suoi indiscussi protagonisti. Vediamoli tutti, cercando di essere il più sintetico possibile.

Star della prima parte è Bob De Niro, nei panni di Vito Andolini, poi erroneamente chiamato Vito Corleone (il nome del paese di origine). Uomo dalle umili origini, inizia una scalata che lo porterà a diventare il boss mafioso più potente della città di New York. Non passerà molto tempo prima che Vito si circondi di amici poco raccomandabili, fino ad entrare in contrasto con i boss del quartiere, interpretato dal bravo Gastone Moschin... questa rivalità finirà nel sangue, e per Vito si spalancheranno mille opportunità: la città oramai è in mano sua.

E qua entra in scena Marlon Brando, nel ruolo di Vito anziano. Sulla sua interpretazione non serve che mi esprima... ci siamo già capiti. Il boss è anziano, ma gestisce gli affari con l'aiuto del fedele figliastro Tom Hagen (mitico Robert Duvall), avvocato di fiducia, e del figlio Santino (James Caan), soprannominato Sonny, l'erede designato.

Ma la famiglia è numerosa: gli altri figli sono l'ambizioso pluridecorato soldato - estraneo agli affari di famiglia – Michael (mostruoso Al Pacino), l'ingenuo Federico (bravo pure John Cazale... e pure sfortunato, perché è morto troppo giovane, appena quarantenne... gustatevi la sua interpretazione – sempre al fianco di Al Pacino – in Quel pomeriggio di un giorno da cani) e la bizzosa e capricciosa Connie (brava pure Talia Shire nell’interpretazione di un personaggio così lunatico).

Sarà Sonny a gestire l'organizzazione in seguito all'attentato che ha colpito Don Vito, ma il suo "momento di celebrità" terminerà presto, perché cadrà in un’imboscata. Nel frattempo, il giovane Michael si dimostrerà sempre più interessato agli affari di famiglia, arrivando persino ad uccidere un potente trafficante di droga ed un capo di polizia per vendetta. La sua strada è ormai segnata. Dovrà ritirarsi per un anno "sabbatico" in Sicilia (momento bellissimo del film, l'ambientazione rurale è splendida), per poi tornare al fianco del padre dopo la morte di Sonny, divenendo l’erede unico dell’impero dei Corleone.

Due parole sul personaggio di Sonny, interpretato dal robusto "mascellone" James Caan: tra i personaggi "secondari" (quanto mi dispiace definirli così) è quello che ha colpito di più i vari spettatori: è quello al quale sono più affezionato, ed è entrato nel cuore di molte altre persone e critici, ne ho avuto la prova navigando qua e là nella rete e leggendo varie opinioni. Sonny è un personaggio "romantico", "dal cuore d’oro" (anche se resta pur sempre un mafioso...), ma è impulsivo, irascibile, troppo poco razionale, e questa sua irruenza lo porterà ad una morte tragica (il suo omicidio è davvero troppo drammatico, un vero pugno nello stomaco).

La morte del vecchio Vito spalancherà le porte a Michael, che si dimostrerà molto più ambizioso (ed efferato e spietato) del padre... ma la sua vita non sarà semplice, gli affetti più cari si allontaneranno causa le sue menzogne ed il cambiamento del suo carattere, come la moglie Kay (splendida Diane Keaton); sarà tradito pure dal fratello Federico, la sorella Connie continuerà ad amarlo/odiarlo (sempre più una pazza furiosa), persino il fedele Tom si allontanerà, e nel finale la malinconia avvolgerà i suoi pensieri quando, nella villa in Canada, completamente solo, penserà alla famiglia, alla sua giovinezza, quando i suoi desideri non coincidevano con quelli del vecchio papà Vito, che per lui aveva ben altro in mente... un quadretto famigliare, lui, giovane soldato, il sanguigno Santino, il ragionevole Tom, la vivace Conie, gli amici di famiglia e il papà... davvero un momento troppo commovente: una scena che dà i brividi...

Il tradimento di Federico e di un (all'apparenza) amico capitalista, l'anziano Roth, metteranno in serio pericolo la sua vita, per non parlare del processo (farsa) che dovrà affrontare: Michael ne uscirà "pulito" (manipolando ovviamente i testimoni e mettendo a tacere qualche personaggio chiave), ma tutt'altro che vincente: è un uomo solo, e, come vi ho già detto prima, la scena conclusiva lascia un segno indelebile nello spettatore.

Michael voleva fare carriera nell’esercito, essere un uomo "vero", non aveva bisogno dell'aiuto della famiglia, ma... il destino avverso e la sua ambizione lo hanno trasformato in un mostro, abbandonato da tutti e terribilmente solo. Sarà la menzogna a sancire la sua definitiva mutazione, da "bravo ragazzo" a mafioso. Emblematiche a questo proposito due scene: quella del battesimo, quando rinuncia a Satana, e quando mente alla moglie, sempre più preoccupata per i suoi misteriosi ed oscuri affari.

A questo proposito è interessante fare un confronto tra i due boss: Vito e Michael. Due generazioni diverse a confronto. Anche la loro fine (anche se Michael in questo film non muore) è tremendamente diversa: amato e ricordato con affetto da tutti il vecchio Vito, dimenticato ed abbandonato Michael.

Ma è anche l'evoluzione dei tempi a portarli su due strade diverse, a formare due personaggi con caratteri differenti: il mercato della droga si sta espandendo, Vito non lo approva assolutamente, ma l'attentato e la salute cagionevole lo costringono a mettersi da parte, così che sarà Michael a doversi districare in un mondo sempre più pericoloso, dove la "parola d’onore" e il "baciamo le mani" non hanno più significato e le alleanze vengono puntualmente tradite in nome del dio denaro. E' per questo che Michael dovrà costruirsi una corazza ancora più dura, perché è solo, non ha più la figura del padre (mentre Vito aveva i figli, Tom e numerosi e fedeli amici), può contare solo su Tom, e su sé stesso.

Bellissimo anche il paragone che si può fare confrontando le due feste: il matrimonio di Connie e la comunione del figlio di Michael. Lo specchio di tempi differenti... la passionalità siciliana, riscontrabile nella prima cerimonia, negli anni '50 è oramai andata a farsi benedire; molto importante da segnalare come in queste ultime scene emerga la falsità della politica, rappresentata dall'ipocrita senatore che prima accetta il cospicuo assegno di Michael, e poi si fa ricevere dal boss per insultarlo, sentendosi rispondere (forse la frase più bella di tutto il film, perlomeno quella che mi è rimasta impressa) "Senatore, siamo due facce della stessa ipocrisia".

L'immigrazione, il proibizionismo, la seconda guerra mondiale, il neonato business della droga, la dittatura a Cuba fanno da sfondo a questa drammone epico. Come avevo detto anche per il film di Leone, più efficace di cento libri di storia (ma, non fraintendetemi, non vi sto consigliando di buttare i libri...).

E quindi veniamo alla conclusione di questa massiccia (perdonate la lunghezza ma... sono stato fin troppo sintetico!) recensione: vi chiederete, dulcis in fundo, ti è piaciuto di più il film di Leone o quello di Coppola? Mi salvo "in corner", ribadendo che abbiamo a che fare con due capolavori assoluti del genere, e del cinema in generale, due film però un poco differenti.

C’era una volta in America parla dell'amicizia tra due gangsters, mentre Il Padrino mette a nudo la vita di una famiglia mafiosa, attraversando due generazioni... forse il film di Coppola è più complesso, anzi, sicuramente, dato l'immenso cast, però fare paragoni e confronti tra i due film mi sembra tempo perso.

Una cosa sola posso consigliarvi: guardateli tutti e due. Questo è CINEMA.

Recuperate poi l'ultima parte del Padrino, la terza (a quanto pare un pò più fiacca rispetto alle precedenti, secondo l'opinione di altri utenti e della critica, ma io vi anticipo che non sono assolutamente d'accordo), nella quale entra in scena una nuova generazione, dove troviamo Michael che tenta l'impresa (a quanto pare invano) di "uscire dal giro"... ma non posso dirvi altro.

Credetemi, tra le ore che spenderete davanti alla TV (o al monitor), saranno le più indimenticabili ed emozionanti della vostra vita.

PS: alcuni (ma non tutti, le opinioni a parere sono discordanti) appassionati della trilogia hanno criticato questo lavoro di Coppola perché, a loro modo di vedere, ha snaturato il significato delle due prime parti... io, che non le ho viste, non so se dare loro torto a ragione... posso solo dire che è grazie a quest'opera (e a Studio Universal) che ho conosciuto la saga del Padrino; come vi ho raccontato precedentemente questo lavoro di "restyling" è simile a quello praticato su C’era una volta in America: il film era stato smontato e rimontato cronologicamente: perse la sua anima, e fu flop assoluto. Ma qui forse le cose sono andate diversamente... in fondo dietro al lavoro c'é pur sempre la firma di Coppola, a mio avviso un segnale di garanzia.


VOTO FINALE: 10 e lode


Scheda dell'IMDb


giovedì 27 settembre 2007

Non lasciamo solo Andrea Notari



Questa volta non parliamo di cinema, usciamo dal nostro mondo fantastico e caliamoci nella (ahimé triste) realtà.


Oggi mia mamma mi ha indicato un indirizzo e-mail al quale le era stato suggerito di inviare un messaggio di solidarietà.


Navigando sul web ho scoperto che è l’indirizzo di posta elettronica di Andrea Notari, uno sfortunato giornalista colpito da una brutta malattia: nel giro di vent’anni è ingrassato fino a 260 chili.


Ha bisogno di aiuto. E si sente solo.


Certo, una e-mail non risolverà i suoi problemi, ma… magari può alleviare di un poco la sua sofferenza.


Il suo indirizzo é


andrea-notari@libero.it

Se volete saperne ecco l’articolo su di lui su TGCOM.


Mi raccomando facciamoci sentire.


Recensione: C'era una volta in America


Titolo originale: Once upon a time in America

Genere: thriller drammatico

Regista: Sergio Leone

Stati Uniti-Italia 1984


Questa é la s
toria di un’amicizia tra due gangster, e di un amore impossibile... vicende che attraversano la vita dei due protagonisti, dall’infanzia alla vecchiaia, e mezzo secolo di storia americana...







PREAMBOLO DOVEROSO: questa è una storia lunga, una storia da raccontare, una storia che parla di passione per il cinema, e chi avrà la pazienza di ascoltarla, probabilmente si ritroverà nelle mie parole.
Se ciò non vi interessa, saltate queste righe e pa
ssate tranquillamente alla recensione. Non mi arrabbierò...


Da dove partire... mi sembra doveroso chiedere scusa ai cultori di cinema, perché fino a quest'inverno... non avevo mai visto un film di Sergio Leone. E' una bestemmia, lo so, ma vi dirò che forse valeva la pena di aspettare così tanto, probabilmente non ero ancora "maturo" per capire il lavoro del nostro Maestro, orgoglio dell'Italia nel mondo.

Ma torniamo a quest'inverno, più precisamente i primi giorni dell'anno... c'era profumo di Oscar per il divino musicista Ennio Morricone, e per l’occasione Sky ha riproposto i maggiori successi western di Leone, i film della Trilogia del Dollaro, C'era una volta il West e Giù la testa. Sarò sincero, ho potuto vedere interamente solo Il buono, il brutto, il cattivo, e pochi spezzoni degli altri: avevo parecchi impegni (causa laurea) ma, promesso, non mi farò mancare l'opportunità di vederli quando mi capiterà in futuro. O di recuperarli in DVD.

Dunque... quando mio papà (parlo di qualche anno fa...) leggeva i programmi TV e esclamava "Stasera c’é Il buono, il brutto, il cattivo" sinceramente facevo finta di niente, non mi importava molto di che, quei "film vecchi" non mi interessavano. Che sciocco. Come mi sbagliavo.

Quella sera d'inverno la programmazione non offriva granché, e stancamente ho deciso di dare un’occhiata al film interpretato da Clint Eastwood, Eli Wallach e Lee Van Cleef (che ho piacevolmente ritrovato nel film di Carpenter 1997: Fuga da New York): man mano che la storia si sviluppava mostravo sempre più curiosità, attenzione, passione, e nonostante l'ora tarda (il film era iniziato alle 23:15, quindi, data la sontuosa durata, potrete immaginare a quale ora sono andato a dormire - ma ne valeva la pena) e la lunghezza del film non mi sono mai annoiato un minuto.

Del film cosa resta da dire... troppo facile definirlo sbrigativamente un capolavoro... è la meravigliosa storia di un'amicizia un po’ particolare, tra il classico "cavaliere misterioso" venuto dal nulla (il Buono Eastwood) e un brigante (il Brutto, Eli Wallach), una splendida avventura che porterà questi due personaggi in viaggio nell'assolato west, una storia, dove sabbia e sudore sono protagonisti, dove i sentimenti umani (coraggio, fierezza, astuzia, tradimento, vigliaccheria, egoismo) vengono messi a nudo, dove dovranno affrontare un cattivo (Lee Van Cleef) senza scrupoli, dove conosceranno l'orrore (e l'inutilità) della guerra (secondo me la parte più bella ed emotiva del film, quando per esaudire il desiderio di un generale in fin di vita i due protagonisti faranno saltare in aria un ponte), un viaggio che finirà nell'indimenticabile duello che nessuno non può non avere visto almeno una volta (scena riproposta, rivista, scopiazzata, saccheggiata più volte da registi – anche moderni, vedi Tarantino – che hanno visto – giustamente, aggiungo – in Leone un maestro).

Ma cosa c'entra C'era una volta in America con tutto ciò? Bene, studiando ed approfondendo la mia conoscenza su questo regista, non ho potuto notare che nelle posizioni di vertice delle classifiche di tutti i siti cinematografici, ben al di sopra dei bellissimi spaghetti-western, c'é questo dramma, interpretato da Robert de Niro e James Woods... non vi sto dunque a parlare della mia passione per questo genere di film, da Scarface alla saga del Padrino, passando per Bronx e altri gangster-movies altrimenti facciamo notte… quindi mi sono detto DEVO VEDERLO!!! e, detto fatto, l'ho ordinato.

Grazie della pazienza.
Veniamo a noi.

Questo film è di una bellezza ineguagliabile, davvero un'opera d’arte. Potrei dilungarmi in altri aggettivi superlativi e finirla qui, ma mi sembra onesto verso i confronti di chi legge giustificare le mie lodi a questo capolavoro.
Innanzitutto una premessa: non è un vero e proprio
gangster-movie, bensì un film che parla dell'amicizia tra due ragazzi, e che narra la nascita e la fine di un amore impossibile: l'aspetto criminale fa solo "da sfondo" a queste vicende.

E' un film lungo: 220 minuti, 3 ore e 40 minuti. Non sono d'accordo con chi sostiene che sia troppo lungo. Ok, non è un film consigliabile a chi ha passato una giornata pesante, a chi é stressato: è un lungometraggio che va visto da rilassati e riposati, perché il suo ritmo lento potrebbe... indurre a sonnolenza.

La storia è davvero bella e toccante: all'inizio conosciamo Noodles (Robert De Niro) che, sfuggito ad un agguato (e tradito da qualcuno, dato che la borsa contenente un milione di dollari – i risparmi delle attività criminali – è sparita), scompare dalla circolazione per trentacinque anni.
Un invito di un misterioso senatore ad una festa (segnale che il suo "nascondiglio" non è più sicuro, e che quindi è stato localizzato da qualcuno che ha con lui un conto in sospeso) lo induce a tornare sui luoghi dell'infanzia, tra mille ricordi.

Suo primo flashback è la splendida Deborah (una giovane Jennifer Connelly), la sorella di un amico, suo primo amore, un desiderio per lui, delinquentello di strada, irraggiungibile, perché la ragazza ha altri progetti in mente.


Deborah: "Noodles, tu sei la sola persona che io ho mai..."
Noodles: "
Che hai mai... cosa? Vai avanti. Che hai mai..."
Deborah: "
Di cui mi sia importato. Ma tu mi terresti chiusa a chiave in una stanza e getteresti via la chiave. Non è vero?"
Noodles. "
Si, credo di si"
Deborah: "
Il guaio è che io ci starei anche volentieri"

La vita di Noodles è la strada e qui, tra piccoli furtarelli per racimolare qualche spicciolo, conosce lo scaltro Max: l'approccio non è positivo, ma imparano a conoscersi e rispettarsi a vicenda. Noodles è più cupo e duro, mentre Max è decisamente più estroverso e sicuro di sé, fin troppo... ma la gioia per il primo successo del gruppo di cinque amici viene funestato dalla morte del più piccolo, che viene ucciso dal giovane boss del quartiere: Noodles si vendica, accoltellandolo con ferocia, e per lui si aprono le porte del carcere.


Max a Noodles: "I vincenti si riconoscono alla partenza"


E lì fuori ad aspettarlo, in un mesto giorno di pioggia, c'é sempre lui (scena bellissima), il fedele amico Max.
Molte cose sono cambiate, gli affari si sono evoluti, e pure i nostri protagonisti sono cambiati.


Noodles: "
E questo cos'è?"
Max: "
Un trono. Era di un papa. E' costato 10.000 dollari"
Noodles: "
E cosa te ne fai?"
Max: "
Mi ci siedo sopra"


Tra rapine e sparatorie e sporchi affari politici i caratteri opposti dei due leaders del gruppo più volte si scontrano, e sorgono i primi conflitti... che però vengono sempre smorzati da una risata; ma l'ultimo, troppo ambizioso e rischioso piano di Max (sempre più pieno di sé) è un'idea suicida... Noodles, per salvare la pelle agli amici, denuncia il tutto alla polizia: lui si salva, i suoi tre amici purtroppo perdono la vita, ma... trent'anni dopo la verità verrà a galla... una verità troppo sconvolgente.

Parallelamente alle vicende dei cinque amici (che bravi i ragazzini che interpretano i componenti della combriccola nel flashback di De Niro!) conosciamo più a fondo l'amore impossibile che Noodles nutre e per Deborah... un amore che li porterà ad avvicinarsi ed allontanarsi sempre più... per giungere alla meravigliosa scena della cena sul ristorante, una serata magica, che purtroppo per Deborah avrà un finale terribile...
In questo senso Noodle ci viene davvero presentato come un farabutto, e dico poco. E' una bestia, incapace di controllarsi, irascibile, violento, un mostro.

Ma il tempo cambia tante cose, e persino il carattere delle persone.
Noodles oggi è invecchiato, i ricordi e la malinconia accompagnano le sue ore, nell'attesa di conoscere il senatore che lo ha invitato... il colpo di scena sarà spiazzante.
Proprio l'incontro con il senatore (non posso dirvi chi è, ma qualche lettore acuto potrebbe intuirlo...) segnerà per sempre la vita di Noodles che, per la prima volta, si comporterà da UOMO, e uscirà dalla situazione A TESTA ALTA, come non ha mai fatto nella sua vita.


Noodles: "Molti anni fa avevo un amico, un caro amico. Lo denunciai per salvargli la vita; invece fu ucciso. Volle farsi uccidere. Era una grande amicizia. Andò male a lui, e andò male anche a me"

Qualcuno ha sostenuto che il finale (il sorriso ambiguo di De Niro ritornato improvvisamente giovane, in una scena che si ricongiunge con l’inizio del film) altro non è che un'allucinazione prodotta dalla mente confusa dall'oppio di Noodles, magari per scongiurare momentaneamente la tristezza per la morte dei tre amici... sono quei misteri del cinema che rimarranno irrisolti, e Leone se l'é portato nella tomba: forse meglio così, a volte certe domande non devono per forza trovare una risposta!

Cosa dire delle interpretazioni che non sia già stato detto... De Niro e Woods (che avevo conosciuto nel divertente horror Vampires di Carpenter) raggiungono vette forse irraggiungibili; bravi anche gli attori "di contorno".

Successo del film è anche merito della colonna sonora, per mano del divino maestro Ennio Morricone. Musiche che entreranno nel vostro cuore e non l'abbandoneranno più. Che queste melodie non gli abbiano dato l'Oscar nell'anno di uscita del film è un delitto, ma quest'anno è stato meritatamente "risarcito".

Dovete sapere che questo film, all'uscita, è stato un flop assoluto.
Smontato, rimontato cronologicamente, tagliato, il film ha perso la sua essenza. Ed è stato massacrato dalla critica. Un brutto colpo al cuore di Leone, già malandato di suo (aveva rifiutato il trapianto perché non gli avrebbe permesso di lavorare al prossimo film: questa sì che è passione per il proprio lavoro!), che per questo film aveva investito dodici anni di tempo... e nessuno che si offriva di produrlo! Boh, misteri dell'industria cinematografica.

Trovare difetti è impresa ardua, e non mi permetterei mai di criticare nemmeno una virgola dell'operato di sua maestà Leone; posso però notare (con disappunto) come nel film le donne... non ci facciano una bella figura. Non è certamente un film "femminista"... la violenza nei loro confronti è davvero dura e spinge lo spettatore ai limiti della sopportazione (altro che la scena di Irréversible.
E poi c'é una scena di dubbio gusto (quando Carol, l'impiegata violentata durante la rapina, stringe la... "mano" ai quattro gangsters).
Ma, credetemi, sono sottigliezze che si dissolvono nell'insieme di una pellicola maestosa.

Detto questo, non penso nemmeno che la lunghezza del film sia un punto debole, ve lo dice uno che si è fatto la "maratona" (7 ore) del Padrino... perché un bel film non annoia mai.

E' un film che attraversa diverse fasi della vita, dall'adolescenza alla maturazione alla vecchiaia e tutti i ricordi, belli e brutti, che porta con sé... questa è la chiave del lavoro di Leone, l'attività criminale, come vi ho già detto, non è "protagonista"... non mi soffermerei nemmeno troppo sulla violenza perché, sangue a parte, è un film troppo malinconico, drammatico, carico di tristezza...

Proprio per questo mi piacciono questi gangster-movies, perché esplorano la vita di queste persone così dure e crudeli all'apparenza, ma ricordiamoci che anche sotto il loro petto batte un cuore... e i sentimenti più puri, amore ed amicizia, vengono costantemente messi a repentaglio dalla loro losca attività... e, nonostante il regista ci porti a parteggiare per loro, non sempre (proprio come nella vita reale) c'é il lieto fine...

Amo questo genere quanto l'horror.

In conclusione (e mi sembra di essere stato abbastanza esaustivo...) invito chi si sia perso questo film a recuperarlo immediatamente, perché è la testimonianza di un cinema che... ahimé, mi dispiace ripetermi, ma non c’è più.
E potrei aprire discorsi sterili e insultare i vari film italiani di adesso, da Vacanze di Natale a Notte prima degli esami ai film per adolescenti con Scamarcio... e c'é pure qualcuno che definisce le Canalis, Falchi e Marini attrici... ma mi infilerei in un cul de sac senza fondo e non ne uscirei più e poi, in fondo, se questi film vengono prodotti, c'é un pubblico che li richiede (e io, orgoglioso, ammetto che NON ne faccio parte); è tutto il prodotto di una società a mio avviso rincoglionita dalla TV, dai reality, dalla De Filippi, dai servizi di Studio Aperto, da Lucignolo, dai video girati da deficienti nelle scuole, dal gossip, da Lele Mora e Corona e dai quei giornalisti coglioni che li intervistano (manco fossero chissà chi), dalla Gregoracci&Briatore, da Buona Domenica, da Sipario, da La vita in diretta, da Verissimo, dalle veline e dai calciatori ipertatuati... una società di merda, malata, destinata a fare una brutta fine (meritata)... ma sono andato un pò fuori tema, e poi fare di ogni erba un fascio è errore... anche perché leggendo le trame dei film italiani prodotti ultimamente mi viene da sperare perché qualche titolo e interessante si affaccia (e non parlo solo di horror), solo che (ovviamente) non viene pubblicizzato. Potere del mercato. Pazienza.

Forse, chissà, è un "bene" che questi film non vengano più realizzati (come i western), perché queste storie sono nel DNA di una passata generazione... penso, appunto, a Leone, Coppola, De Palma, Scorsese... registi che con queste opere ci hanno descritto un periodo storico meglio che centinaia di libri scolastici... probabilmente ogni film ha un "background generazionale" legato al regista, nel senso che ogni regista tende a trarre ispirazione dai propri tempi... penso, per tornare ad oggi, ai bellissimi Training Day (Antoine Fuqua) e La 25a ora (Spike Lee).

Oggi sarebbe difficile (o impossibile?) ricreare l'atmosfera che avvolge questi splendidi noir.

Perdonate il mio sfogo, ma dopo aver visto questo film è il minimo che si possa dire, per esaltare il lavoro di questi registi che sono stati ignorati/bistrattati dalla critica italiana.

Guardare per credere.



Voto Finale: 10 e lode


Scheda dell'IMDb


martedì 25 settembre 2007

Recensione: Slevin - Patto criminale


Titolo originale: Lucky Number Slevin

Genere: thriller

Regista: Paul McGuigan

Stati Uniti/Germania 2006


C
ausa scambio di persona il giovane Slevin rimane invischiato nella lotta tra due bande criminali capeggiate dal Boss e dal Rabbino; come se non bastasse sulle sue tracce si muovono un determinato detective e un pericoloso killer professionista.





Di questo film mi aveva colpito il trailer: avevo l'impressione di trovarmi di fronte ad un thriller leggero, quasi comico, e in fondo avevo un pò ragione... ma Slevin non è solo humour e risate, soprattutto nella seconda parte.

Un'altra cosa mi aveva colpito: il cast stellare. E qui avevo malignamente pensato: ecco il solito film all-stars senza significato, usa e getta... Troppe volte capita che il pubblico venga attirato solo dai nomi dei protagonisti, e troppe volte accade che grandi attori non vengano appieno sfruttati... ma per fortuna mi sono sbagliato.
Confortato dai pareri ottimisti dei miei colleghi "recensori" sul web, professionisti e non, posso garantire che gli attori vengono valorizzati bene, appaiono convincenti nella loro parte e tutto ciò fa sì che il film non cada nel banale.

Mi è piaciuto perché è un film che parla di... vendetta. Ci risiamo. Non voglio dilungarmi di nuovo su quest'argomento (già affrontato nelle recensioni della Trilogia della vendetta di Park Chan-wook), e mi rendo conto di avere dato un indizio non da poco a chi il film non l'ha ancora visto, quindi mi fermo qui.

La vicenda è narrata con molto humour, soprattutto nella prima parte, ma l'atmosfera si fa sempre più cupa per terminare in un finale che comunque accontenterà lo spettatore che si augura l'happy-end.

Nella prima parte conosciamo l'assassino interpretato da Bruce Willis (in evidente stato di grazia), in un dialogo che apparentemente non dice nulla allo spettatore, ma che si rivelerà fondamentale per il prosieguo del film.
Poi conosciamo lo sfigato Slevin (bravissimo Hartnett), il classico uomo sbagliato al posto sbagliato nel momento sbagliato.
Anche qui assistiamo a qualche dialogo (forse) un pò logorroico con la vicina, la classica ragazza della porta accanto interpretata da Lucy Liu.

Se riuscite a stare al passo, e non vi perdete nei dialoghi, il più è fatto.

Poi entrano inscena due mostri sacri: Morgan Freeman e Ben Kingsley, nel ruolo dei due boss, Il Boss, appunto, e Il Rabbino.
E non dimentichiamoci dell’arcigno tenente, interpretato da Stanley Tucci, convincente anche in un ruolo da "osso duro".

Lo spettatore un pò attento e curioso ha qualche dubbio sulla veridicità della storia narrata, e quando Slevin entra nella casa del figlio del Rabbino, detto la Fatina (dialogo surreale tra Slevin e il Boss: S: perché lo chiamano il Rabbino? B: perché è un rabbino; S: perché suo figlio lo chiamano la Fatina? B: perché... è una checca) per ucciderlo, e lo elimina con freddezza, i dubbi incominciano a trovare una risposta... meglio comunque non andare avanti per non rovinarvi la sorpresa.

In conclusione, negli ultimi minuti il regista ci svela la realtà che all'inizio era coperta da menzogna e inganno, e il cerchio si chiude. Tutti gli enigmi (forse un pò troppi) verranno risolti, tutte le domande dello spettatore (comunque vi ricordo di stare attenti perché se vi perdete qualcosa non vi ci raccapezzate più) troveranno risposta, e tutti vissero felici e contenti.

Difetti? Evidenti no, forse qualche personaggio un pò stereotipato, un inizio non fulminante, una truffa fin troppo ben congegnata, il tema della vendetta che ricorre ultimamente un pò troppo spesso... ma sono difetti da poco, fidatevi. Consigliatissimo a tutti.


Voto Finale: 9


Scheda dell'IMDb

Recensione: Halloween Killer


Titolo originale: Satan's Little Helper

Genere: commedia horror
(medio splatter)

Regista: Jeff Liebermann

Stati Uniti 2004


Il giovane Douglas attende con impazienza la sorella maggiore per festeggiare con lei e la famiglia riunita Halloween; questa però arriva con il fidanzato, e Douglas si dimostra geloso.
Scappa di casa, vestito da piccolo aiutante di Satana (il suo videogioco preferito), incontra un uomo mascherato da demonio, un pericoloso serial killer, e passerà la giornata con lui... non si renderà conto che tutto quello che accade non è un videogioco..





Sulla competente rivista Horror Mania questo film era definito come un gioiellino: irriverente, politically uncorrect, blasfemo... e via dicendo. Devo dire che, pecche a parte, sono d'accordo con le recensioni lette finora. Intendiamoci: non è un film per perbenisti, perché scherza non poco con la religione, sul confronto Dio/Satana, e alcuni omicidi, seppur "divertenti", non sono certamente "innocui" (nel senso che toccano persone indifese e deboli, persino un gatto).

Polemiche a parte, se posso dire la mia, è pur sempre un film. E, sempre secondo il mio pensiero, non cerchiamo di dargli troppi significati simbolici: è un film slasher semplice, ironico e scanzonato, che mira a divertire lo spettatore più che a spaventarlo e, perlomeno nel mio caso, c'é riuscito.

Mi è piaciuto perché ci mostra, soprattutto nella prima parte, una famiglia un pò assente (la mamma che parla al cellulare e non ascolta il figlio che le sta parlando), e un bambino (davvero SCEMO) totalmente rincoglionito dai videogiochi, incapace di distinguere la realtà dalla finzione (scemo dall'inizio alla fine del film: ma non capisce che è meglio non fidarsi di un uomo mascherato?).

Poi il film vira sullo slasher puro, però mantenendo un humour nero che fa da sfondo agli originali omicidi... il regista non guarda in faccia nessuno: ciechi, donne incinte, anziani, bambini, animali sono vittime di questo feroce quanto "simpatico" serial killer.

Già, perché non posso non parlare di Lui, il protagonista, un omone di quasi due metri, e qui va detto un bravo all'attore che lo interpreta, Joshua Annex, il cui volto non appare MAI... eppure la sua mimica è eccellente, basta quella a farlo diventare un assassino "simpatico"... ma a anche brutale, perché quando ci si mette fa paura davvero, e il sangue scorre, non come nel finto mondo videoludico del bambino protagonista.

Nella seconda parte del film è il caos completo: la città è in balia di pazzi scatenati (momento a mio avviso spassoso) che distruggono tutto (forse sono complici del nostro killer), dato che il nostro satanasso ha ucciso tutti i poliziotti dell'isola (5 in tutto, mah...) e, mentre gli abitanti dell'isola (anche loro idioti: ma allora è un vizio!!!) sono tutti al castello a festeggiare Halloween, il killer continua a cambiare costume e per i nostri protagonisti (abbastanza in parte e simpatici, tranne il bambino, ovvio) possono scordarsi l'happy end.

Su chi sia veramente il serial killer... nel film c'é solo qualche spunto, ma va bene così, non sempre conviene spiegare tutto.

Qualche recensore sottolinea come il nostro "eroe" mascherato rappresenti il Male assoluto, il Demonio: affascina le sue vittime, cambia forma, porta alla perdizione e al peccato. Ma lascerei perdere questa corrente di pensiero, non serve dilungarsi in paroloni e discussioni per spiegare un semplice filmetto.

Durante la visione qualche dubbio mi ha assalito: perché il killer non uccide il ragazzo della sorella di Douglas (ovvio, perché era necessario che sopravvivesse ai fini della storia!!!)???
Perché il ragazzo, quando si riprende dall'aggressione, se ne va a casa e non avvisa subito la fidanzata del pericolo che sta correndo (errore piuttosto grave ed elementare)???
Già, perché il killer si introduce nella casa dei famigliari di Douglas senza che questi conoscano la sua identità, perché presi dall'euforia della festa, un pò perché anche loro rincoglioniti, sono convinti che dietro la maschera ci sia il fidanzato della sorella...

Insomma, un horror che non inventa nulla, ma che dà un pò di freschezza ed originalità al filone slasher (per chi non lo sapesse, quei film dove il protagonista, solitamente mascherato, uccide chiunque gli si trovi da vanti con un coltello o una grossa arma da taglio... vedi Michael Myers, nella foto qui a fianco, protagonista del cult di Carpenter Halloween).

Ripeto, non tutti potrebbero trovarlo divertente, perché qualche omicidio in particolare potrebbe toccare la sensibilità (devo dire la verità, l'omicidio della vecchietta mi ha infastidito non poco), però... sarò ripetitivo, E' PUR SEMPRE UN FILM.
Se poi qualche stupido vorrebbe trarre ispirazione, perché di idioti in giro ce n'é molti... mi auguro che non crediate ancora alla favola che i film e i videogiochi generino violenza... eppoi anche in molti altri film (non horror) c'é violenza... se fosse vero quello che dicono psicologi e sociologi che appaiono in TV e cercano di inebetirci con le loro frasi fatte e strasentite, il mondo sarebbe già finito da un pezzo!

Questo per dire che comunque la finzione è finzione, la realtà è molto più brutta: io penso che gli stupidi non abbiano bisogno di ispirazione per le loro bravate; servirebbe piuttosto l'educazione della famiglia e più severità e meno buonismo da parte della scuola e delle istituzioni.

Altro che Halloween killer...

Io mi sono divertito. Però non garantisco il divertimento anche a voi che leggete, perché è un umorismo cattivo; alcuni ci troveranno davvero poco da ridere... io comunque ribadisco: è solo un film.


Voto Finale: 9


Scheda dell'IMDb