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martedì 10 giugno 2008

Recensione: Saw 3 - L'enigma senza fine


Genere: horror
(maxi splatter)


Regista: Darren Lynn Bousman


Stati Uniti 2006



Il gioco dell’enigmista continua.
Questa volta la pedina si chiama Jeff,
padre di un bambino ucciso, un uomo assetato
di vendetta. Perdonerà chi gli ha causato del male? E riuscirà a salvare sé stesso???







Penserete: ma che tempismo perfetto… già da un po’ nelle sale c’è il quarto episodio e questo qui recensisce ancora il terzo… e io vi rispondo:
bé, qualche problema?


Battute a parte, la stessa cosa era più o meno successa quando recensivo
il sequel del primo (geniale) Saw - L’enigmista (nel mio vecchio blog, quello di Tiscali). In quel periodo sul web non si faceva altro che parlare del terzo capitolo, un film che ha spaccato il pubblico. Non ho avvertito
la necessità di andare al cinema per assistere all’esibizione
di macelleria gratuita. A un anno di distanza non ho cambiato idea.


Mi ricordo poi di un’intervista al regista letta
sulla rivista Horror Mania. Darren Lynn Bousman sosteneva che la sua fonte d’ispirazione
era Cannibal Holocaust.
Accidenti, ha proprio sparato in alto.


Se l’obiettivo era eguagliare o superare la violenza del film di Deodato (forse) la missione si può definire conclusa con successo, ma riuscire
a “disturbare” il pubblico come fa il più celebre
dei cannibal movies è un’impresa impossibile. Perché, lo ripeto, CH lascia un segno.
Questo Saw semplicemente non ci riesce. L’unico motivo di interesse
di questa saga è oramai la violenza, abbastanza gratuita, attraverso la quale
si mira a scioccare il pubblico. Ma io credo che solo qualche sprovveduto alla ricerca del brivido facile possa spaventarsi di fronte a tale scempio, per chi è patito di horror tutto quello splatter non fa poi così tanto effetto.





E’ qui il punto. Non conta tanto QUANTA violenza viene rappresentata, ma COME viene rappresentata. Questo Saw è un contenitore di violenza abbastanza estrema, solo quello. Oramai il messaggio lanciato nel primo film (certe persone non sanno apprezzare il dono della vita) ha lasciato spazio all’esibizione di (lasciatemelo cmq dire: geniali) scene di tortura.





Il problema è che quindi tu pensi: adesso vado al cinema a vedere Saw
e voglio scoprire che cosa si sono inventati per fare morire le persone. Questo non rientra nel mio concetto di horror come divertimento.


Come vi ho detto qualche riga fa le trovate del regista sono malate
e sadiche il giusto, però sono dell’idea che a furia di puntare “in alto”
poi si rischia di cadere precipitosamente. Prima o poi le idee vengono
a mancare, e si rischia il ridicolo. Sotto questo punto di vista il film fortunatamente “si salva”. Ma la sensazione di dejà-vu è lì che incombe, dietro l’angolo.


E qui mi ricollego al quarto capitolo. Sappiamo benissimo quello che avviene nei primi cinque minuti (lo ammetto: non ho resistito alla curiosità e ho visto il trailer). Ora mi chiedo: cosa tireranno fuori nel capitoli 5 e 6? Non so cosa succede nel quarto episodio, comunque cercherò di vederlo prossimamente, non mi sento di giudicarlo senza averlo visto,
non sarebbe corretto.




Se vogliamo spezzare una lancia a favore di questo terzo capitolo dobbiamo ancora una volta sottolineare che la trama è sufficientemente complessa, quasi tutti gli enigmi trovano una risposta adeguata ma (purtroppo, eccheppalle) alcune faccende rimangono in sospeso.
Immagino che la stessa cosa accada nel quarto capitolo.


Un altro problema è questo: non uno, dieci, cento ma mille interrogativi. Troppi. A più della metà otteniamo la risposta nel corso del film,
per i restanti… attendere prego, il sequel è in lavorazione.
E sai già che pure il sequel seguirà questo canone, divenendo forse
una (noiosa) catena di Sant’Antonio, con miliardi di percorsi che alla fine
temo che neppure regista e sceneggiatore ci capiscano più niente.
Ma finché gli incassi saranno ottimi, il gioco vale la candela.


Cosa resterà quindi di questo terzo capitolo oltre all'ultraviolenza?
La magnifica locandina, e gli splendidi wallpapers scaricabili
dal sito ufficiale del film.










Come avrete notato questa volta ho fatto il percorso inverso:
di solito prima parlo della trama e poi ci rifletto un po’ su.
Stavolta è accaduto il contrario. Diciamo che mi andava di dibattere
con voi sul tema dell’horror contemporaneo.


Anche qui non si deve generalizzare: ad esempio ho trovato REC
un ottimo prodotto (avevo scritto una bella recensione ma come vi avevo detto è andata perduta causa morte della memoria usb che la conteneva).
Più che altro mi lascia un po’ perplesso il successo di queste pellicole
(vedi anche Hostel e tanti altri orribili copioni che non ho nemmeno
il coraggio di nominare) e sentire dire certi giovani “questo è vero horror”.
No, questo non è horror.
Io oramai mi definisco un horror nostalgico. Questione di gusti.


Basta con le polemiche. Veniamo alla trama.


Jigsaw sta male. Molto male. Al suo fianco c’è Amanda, oramai sua fedele discepola-assistente.




La malattia lo sta divorando, e forse non gli permetterà di assistere
al suo ultimo "gioco".
Di conseguenza organizza il rapimento di una dottoressa, Lynn Denlon,
il cui compito sarà prolungare di qualche ora la vita del nostro malaticcio enigmista, pena la sua morte. Amanda pone sul collo di Lynn un collare con delle cartucce: il dispositivo è collegato alla frequenza cardiaca
di Jigsaw, e se il suo cuore si dovesse fermare i colpi di fucile
ucciderebbero Lynn.




Il protagonista del gioco questa volta è Jeff. E’ un padre sconvolto
dal dolore: suo figlio è stato investito e ucciso, e da quel momento nutre
un sentimento di astio e desiderio di vendetta nei confronti non solo dell’investitore, ma anche del giudice (che ha emesso una sentenza
troppo mite) e di una testimone oculare che non ha testimoniato.
Avrà modo di incontrarli nel suo cammino, e dovrà scegliere
tra il soddisfare la furia vendicatrice oppure optare per il perdono.




Non mi sento di dirvi altro, perché poi la trama si complica
e tra i personaggi in gioco ci sono dei legami che all’inizio del film
non si conoscono (ma, credetemi, si possono intuire quasi subito).


Rimane, purtroppo, la sensazione di già visto. Questo è un bel problema. Apprezzo lo sforzo del regista di tentare di stupire in continuazione ma, insisto a costo di diventare ripetitivo, l’unico motivo di interesse di questo film sono le scene splatter. Decisamente sadiche e perverse. Forse geniali. Però, ripeto, anche nelle scene di tortura si ha l’impressione di assistere
a una minestra riscaldata. E’ un’impressione personale, ma sono convinto
di non essere l’unico ad avere provato questa sensazione.


Per farla breve:


Il prodotto cade all'interno della letale morsa della serialità, la quale, come accaduto per horror cult del calibro di Nightmare e Venerdì 13, prevede per i vari sequel del capostipite soltanto l'amplificazione dell'elemento di spicco, quindi la violenza”. (fonte: FilmUP);


Le dinamiche appaiono un pò logore, tardive, ad effetto
(fine a sè stesse)
” (fonte: Splattercontainer).



Ricapitolando penso che questo film possa piacere agli appassionati
dello splatter, credo che possa soddisfare i seguaci della serie
mentre non ha senso guardarlo se vi siete persi i primi capitoli.
Consiglio a questi ultimi di recuperare il primo geniale capitolo:
un gioiellino.


Per quanto riguarda la mia opinione su questo terzo Saw non so francamente cosa dire, confrontato con il primo non regge il paragone, mentre se messo faccia a faccia con il secondo… probabilmente merita
la sufficienza.
Io tutto sommato mi sono abbastanza divertito.


Voto Finale: 6 (una sufficienza scolastica perché l’enigmista
rimane comunque una delle icone horror più affascinanti)





Scheda dell'IMDb



martedì 3 giugno 2008

Recensione: Masters of Horror - Dance of the Dead (Tobe Hooper)



Genere: horror fantascientifico
(poco splatter)


Regista: Tobe Hooper


Stati Uniti 2005



In un mondo devastato
dalla Terza Guerra Mondiale
e con la popolazione decimata
dalle armi batteriologiche,
bande di teppisti vagano in cerca
di sangue umano su commissione
di un losco figuro che utilizza il plasma per animare le serate del suo locale,
il Doom Room.






Non ho voglia di ricominciare ad annoiarvi dicendo quanto
sono impegnato in questo periodo, e bla bla bla.
Nel frattempo mi sono tolto un esame tosto (24).


Ho trovato un attimo di quiete e mi sembrava doveroso concludere
un discorso che era rimasto aperto da un po’ di tempo: le recensioni
degli episodi della prima stagione della serie
Masters of Horror.
L’episodio diretto da Tobe Hooper mi mancava. Ho colmato questa lacuna (Dio benedica l’adsl).


Dalle grigie opinioni lette sul web non credevo di essermi perso granché,
e invece questo rimarrà tra gli episodi preferiti.
La sceneggiatura dell’episodio è stata scritta da Christian Richard Matheson, il figlio del grande Richard Matheson, ispiratosi a un racconto del papà.


La vicenda è ambientata in un futuro nemmeno troppo lontano da noi.


Il mondo è in rovina. La popolazione è stata decimata dalle armi chimiche utilizzate
nella Terza Guerra Mondiale. Regna il caos.
Bande di delinquenti si aggirano nelle strade deserte alla ricerca di sangue. Il perché sarà presto svelato. Nel Doom Room, il locale più “in” della città, l’attrazione principale è la Danza della Morte. Cadaveri di giovani e avvenenti ragazze vengono rianimati
mischiando il sangue fresco con una sostanza utilizzata in guerra,
e vengono costrette ad esibirsi in macabri balli per la gioia
dei presenti in sala.





Facciamo però un passo indietro. Peggy lavora
in un piccolo ristorante con la mamma. Il papà è morto,
e pure la sorella. E’ una ragazza angelica,
distante anni luce dalle giovani che affollano
il Doom Room, ed è proprio questa sua “innocenza” che la rende attraente agli occhi di Jak, uno di quegli sbandati di cui parlavo prima. Uno sbandato però dal cuore d’oro.


Tra i due ragazzi, così lontani nel modo di essere e di vivere,
scatta l’attrazione. Peggy “si lascerà andare” ed imparerà quanto possa essere allo stesso tempo divertente e crudele la vita.
Vivrà una notte che non dimenticherà mai, che la cambierà per sempre.




Sono stato abbastanza vago nella trama ma non sono in vena di spoiler.


Parte degli spettatori ha detto
di trovarsi di fronte ad un prodotto commerciale. Non sono d’accordo. Certamente la “confezione”
(intendo dire la regia) del prodotto cerca di essere piuttosto accattivante,
e strizza l’occhio sia a

Saw - L’enigmista
che ai videoclip
di
MTV. Questo crea in molte situazioni confusione e senso di fastidio.
Ho cercato però di andare oltre alla superficie del prodotto,
cercando di estrapolarne qualche riflessione.


L’impressione personale è che Hooper esponga un po’ troppa carne
al fuoco. Il tema della famiglia, del divertimento estremo,
della guerra sono concentrati in meno di un’ora.


Non è certamente un episodio ottimista. Hooper ci parla di scheletri nell’armadio. In un mondo a pezzi nemmeno la famiglia appare più
come un rifugio sicuro. La mamma iperprotettiva e all’apparenza
punto di riferimento nasconde un terribile segreto.


L’angelica Peggy si lascia trascinare dal divertimento estremo.
Scoprirà quanto può essere dura la vita, e cambierà per sempre,
gettandosi alle spalle l’innocenza che la caratterizza nelle prime scene dell’episodio. Hooper ci dice che questa società è corrotta, malata
e marcia: se vuoi sopravvivere ti devi adeguare.
Non c’è spazio per l’innocenza e l’ingenuità.


L’episodio critica anche la filosofia
del mondo dello spettacolo secondo
la quale “the show must go on”.
Come già detto l’attrazione principale del Doom Room è l’esibizione
di cadaveri rianimati.
Tristi fenomeni da baraccone.
Lo spettacolo deve andare avanti
ad ogni costo, non ci sono limiti
alla decenza, alla morale, al buon senso. Alla pietà.
Una volta sfruttati a dovere i corpi vengono gettati in un cassone
e carbonizzati (la scena più tragica e disturbante del film).




Infine Hooper (questo è forse il messaggio più chiaro) rivolge uno sguardo al futuro.
Penso si rivolga soprattutto al suo presidente, criticandone l’indole guerrafondaia.
La guerra non porta nulla di buono.
Le scene del bombardamento sono angoscianti,
fanno ancora più impressione se si considera
che la ricostruzione cinematografica semplifica quello che accade nella realtà.


La riuscita del film (sì, parlo di riuscita, malgrado molti non saranno d’accordo) è anche merito di tre ottimi interpreti.
Jessica Lowndes, l’attrice che interpreta Peggy, è credibile nei panni
della ragazza semplice ed ingenua.
Anzi, vi dirò di più: esteticamente e caratterialmente Peggy
è la mia donna ideale. Forse chiedo troppo. Ma questi poi in fondo sono fatti miei.




Jonathan Tucker porta in scena un personaggio controverso.
E affascinante: i tipi come lui fanno perdere la testa a qualsiasi ragazza.
Jak è un teppista, ma a differenza del “compagno di merende” Boxx,
è decisamente più gentile e sensibile. Sotto sotto è un ottimo ragazzo,
ma si è dovuto adeguare alla feroce realtà che lo circonda.


Ma la scena è dominata dall’immenso Robert “Freddy Krueger” Englund, che nei panni del proprietario del Doom Room tira fuori il meglio
del repertorio, regalandoci un personaggio dal fascino perverso.




In conclusione credo che questo episodio potrebbe piacere a chi è poco pratico con l’horror, mentre probabilmente farà storcere il naso
a chi con il genere ha più confidenza.
Suggerisco comunque a tutti di guardarlo.



PS: avrei potuto esser più breve e riassumere il tutto in quattro righe. Prendo a prestito le parole di KinemaZOne, un utente del forum Axnet.it che ha scritto nella sua recensione:


Quello di Hooper è horror al 100%: irriverente, scorretto e blasfemo quanto basta a non offendere più di tanto le coscienze degli spettatori
e contemporaneamente a sfuggire al "taralluccievinismo" che incombe sempre sulle produzioni blockbuster
”.



Voto Finale: 8



Scheda dell’IMDb



Masters of Horror: il sito ufficiale della serie